Marco Ficarra, nato a Palermo nel 1968, vive e lavora a Bologna da vent’anni. Conosciuto nell’ambito dell’editoria a fumetti soprattutto per l’attività di grafica e service editoriale dello studio Ram, Marco ha proseguito in questi anni un percorso personale che oltre alla grafica e allo sviluppo di nuove metodologie di lettering, lo ha portato ad approfondire il suo rapporto con il disegno e il racconto. Dopo le pitture di grande formato e alcune brevi storie a fumetti di sensibilità sociale, Ficarra ha approfondito negli ultimi anni una doppia ricerca nel linguaggio del fumetto e nella storia familiare.
Nel 2009 per l’editore Becco Giallo esce Stalag XB, sua opera prima, che prende spunto infatti dalle lettere che Gioacchino Virga – cugino del padre – spediva a casa dal campo di prigionia dove era stato deportato dai nazisti. La lettura di queste testimonianze diventa lo sprone per narrare una vicenda umana che da subito l’autore individua come universale e non strettamente legata agli affetti ristretti della famiglia.
Attraverso le lettere vengono ricostruiti gli spostamenti di Gioacchino Virga nei vari lager, dopo la cattura in Grecia nel 1943, e la lunga permanenza nello Stalag XB, il grande campo di concentramento dove molti militari italiani avevano transitato, e dove il giovane militare morirà di freddo e fame il 14 marzo 1945.
Grazie anche alla documentazione depositata presso l'Istituto Storico Parri dell'Emilia-Romagna, composta da centinaia di scatti fotografici realizzati dal tenente Vittorio Vialli durante la sua prigionia, l'autore ricostruisce la condizione poco nota degli internati italiani, considerati non al pari degli altri prigionieri (a loro non si applicava la convenzione di Ginevra e non potevano usufruire degli aiuti della Croce Rossa Internazionale), il loro duro lavoro, anche di 14 ore al giorno, nelle campagne, nelle miniere e nelle fabbriche d'armi, il tutto con uno stile a cavallo tra il naif e l'espressionista, fatto di ampie pennellate che trasmettono con precisione l'atmosfera gelida dei campi di prigionia e la sofferenza sul volto degli internati.