Ancco, Ragazze cattive, Canicola, 2018


Ragazze cattive è tante cose: un ritratto cupo della Corea degli anni '90, una riflessione sulla violenza sociale e gli abusi domestici, un'immersione nel lato più cupo dell'adolescenza, un'autobiografia insolita, un libro politico.

In una Corea nel pieno della crisi economica, repressa e brutale, due ragazze si ribellano alla violenza – fisica e sociale – come possono: bevono, fumano, scappano di casa, giocano a fare le donne in un mondo in cui le donne non valgono niente. Ma se per Chinju, che viene da una famiglia più agiata, fare la ragazza cattiva è un modo per attirare l’attenzione, per Jeong-ae è una questione di sopravvivenza. A distanza di anni, una Chinju adulta rilegge quell’amicizia con una consapevolezza nuova, e dà voce al senso di colpa che la tormenta: Jeong-ae è ancora una ragazza cattiva? Ancco costruisce un anti-racconto di formazione violento e coraggioso, tanto per ciò che mostra quanto per ciò che sceglie di tacere. Premio rivelazione ad Angoulême 2017, Ragazze cattive è un graphic novel potente e originale, una lettura intensa e quasi fisica, che dalla Corea di vent’anni fa parla al nostro presente.

link e approfondimenti


Se ti è piaciuto Ragazze cattive leggi anche…

Selezione a cura di Banana Oil


Becoming Unbecoming, di Una
Myriad, 2017

Se ti è piaciuto Ragazze cattive per il suo modo di raccontare una situazione di disagio e abuso, allora dovresti leggere Becoming Unbecoming, di Una. Avevamo già consigliato questo titolo dopo Non so chi sei di Cristina Portolano, ma ci sentiamo di ribadire il suggerimento perché è un’interessante prosecuzione di alcuni dei temi di Ragazze cattive (e perché pare che sia in arrivo l’edizione italiana, grazie all’ottimo lavoro di add Edizioni).
Se nella narrazione di Ancco il diffuso senso di disagio fa sì che l’abuso sia quasi una normalità da accettare e rielaborare, Una nel suo saggio-fumetto fa una riflessione militante e puntuale sulle implicazioni sociali e psicologiche della violenza sessuale. In particolar modo è interessante l’approccio delle due autrici nei confronti della colpevolizzazione, che provenga dalla vittima stessa o dall’esterno.
In Ragazze cattive non c’è colpevolizzazione, né interna e autoriferita né esterna e denigratoria. L’arringa centrale di Becoming Unbecoming, invece, esplicita come abusi e violenza non siano accettabili né giustificabili, insistendo sull’assurdità di colpevolizzare la vittima. Ed è interessante leggere i due libri di seguito, come due aspetti di una stessa riflessione. Ancco ci racconta una storia, vera, e ci fa riflettere sulle sue storture attraverso un senso di disagio che non viene mai spiegato al lettore. Una racconta a sua volta una storia di violenza, ma lo fa con intento saggistico e programmatico, da manifesto sociale e culturale, sviscerando cause ed effetti della violenza e di un certo degrado sessuale (che non necessariamente arriva allo stupro) ragionando sulla struttura sociale che permette il perpetrarsi di queste situazioni.

Il muretto, di Céline Fraipont e Pierre Bailly
Eris Edizioni, 2014

Un altro tipo di disagio giovanile, ma la stessa oscurità, anche visiva.
Ragazze cattive comincia nel buio e finisce nel buio, Il muretto ci mostra il luminoso inizio della stabilità prima del tracollo, una notte senza stelle che è il corpo centrale del libro. Certo, i due libri sono molto differenti: per Ancco essere una “ragazza cattiva” è anche una scelta, una necessità di distacco dalla famiglia e dalla società; invece ne Il muretto abbiamo una famiglia completamente assente, una ragazza alle porte della maturità sessuale lasciata a se stessa, a fare i conti con un mondo che si fa ostile e incomprensibile pagina dopo pagina.
Abbiamo così un diverso tipo di disagio (e anche un diverso tipo di degrado sociale), ma pur sempre disagio. E osservando Rosie, la protagonista del libro di Fraipont e Bailly, non possiamo che seguirla in una spirale di autodistruzione che trova la sua potenza espressiva nei silenziosi neri pieni delle nottate passate a sbronzarsi sul muretto di un parco. Quello stesso nero che apre il racconto di Ancco.

 

E la chiamano estate, di Jillian e Mariko Tamaki
Bao Publishing, 2014

Se invece vi è piaciuto Ragazze cattive per la storia d’amicizia che fa da collante a tutta la vicenda, ma volete proseguire la lettura con qualcosa di più leggero (ma non per questo meno meritevole d’attenzione), E la chiamano estate potrebbe fare al caso vostro.
Due amiche legate da quell’amicizia stagionale che solo le frequentazioni estive possono costruire, un’amicizia capace di essere al contempo più solida e più eterea di qualunque altra. Due ragazze alla soglia dell’adolescenza chiamate a fare i conti con i loro corpi che cominciano a cambiare, con i primi amori, con i problemi familiari e con quel desiderio di distacco, inteso come costruzione di un’identità, tipico della loro età. E la chiamano estate è un racconto soffice, ben scritto e benissimo disegnato, che parla d’amicizia con una spontaneità e una trasparenza rare. Una storia che, senza provare a turbare il lettore o a esporgli tutte le contraddizioni di quell’età, riesce a comunicarle come se fossero la cosa più normale del mondo.

 

Misdirection, di Lucia Biagi
Eris Edizioni, 2017

Misdirection è stato accusato di essere giudicante, forse un po’ sessista, di usare una storia di amicizia femminile per fare un discorso moralista a favore delle “ragazze bene” e a scapito delle “ragazze male”. Quelle “ragazzacce” un po’ libertine, che sono a posto con la loro sessualità e non hanno paura di esser giudicate per questo. “Cattive ragazze”, insomma.
Ma Misdirection non è questo. È, come E la chiamano estate, la storia di un’amicizia estiva. Di Federica, una protagonista che si affaccia sull’adolescenza, e della sua amica, un po’ più grande e a volte un po’ incomprensibile. E va bene così, perché sotto la patina dei colori fluo e delle accuse di moralismo c’è una bella storia e del sentimento vero.
Se vi sono piaciute le cattive ragazze di Ancco, che riflette e racconta senza giustizialismo, il consiglio è di proseguire con Misdirection e la storia di due ragazze che non vogliono essere cattive, che per l’autrice non lo sono, ma che sono comunque state lette in questo modo. Una delle due, almeno. Ché magari il moralismo è negli occhi di chi legge, più che in quelli di chi scrive.

 

Lighter than my shadow, di Katie Green
Jonathan Cape, 2013

Se, infine, vi è piaciuto Ragazze cattive perché è una riflessione autobiografica, meravigliosa nella forma al punto da dimostrare che sì, si possono scrivere delle buone autobiografie a fumetti, leggete anche Lighter than my shadow di Katie Green.
In questo voluminoso tomone, delizioso nel tratto e nella confezione, l’autrice racconta la sua storia, dall’infanzia fino al momento in cui si è seduta al tavolo da disegno per riflettere su se stessa, e rielabora il suo rapporto con l’anoressia prima e la bulimia poi.
I disturbi alimentari sono una faccenda complicata, difficile da comprendere per chi non ne è affetto. Per questo motivo libri come Lighter than my shadow meritano d’esser letti, soprattutto quando sono scritti così bene. Nelle numerose pagine che compongono il volume, pagine che scorrono leggere vergate da un tratto morbidissimo e una costruzione della tavola irresistibile, il lettore può tuffarsi in un mondo parecchio diverso dal suo, assaggiandone le difficoltà e percependo tutto il dolore che c’è dentro.
In modo molto diverso da Ancco, ma altrettanto efficacemente, Katie Green rielabora a fumetti la sua esperienza, la condivide con il lettore riuscendo a coinvolgerlo e toccandolo da vicino. Nell’attesa di un’edizione italiana, vi consigliamo quella inglese: è economica e molto bella, anche dal punto di vista cartotecnico, ed è un bell’oggetto degno della bella storia che contiene.