Lorenzo Mattotti e Lilia Ambrosi, L'uomo alla finestra, Logos 2018


BBB Consiglia | Giugno 2018

L’uomo alla finestra è la storia di un amore finito, di una crisi sentimentale e creativa. Il protagonista è uno scultore, ma da quando è rimasto solo non riesce più a lavorare. Passa le giornate a vagabondare per la sua città grigia, incrociando personaggi che, come lui, cercano modi per attraversare la solitudine: Miriade, una botanica un po’ maga; Il Filosofo, un intellettuale in fin di vita; Irene, la sua ex compagna. Ogni incontro è un simbolo, una tappa del progressivo distacco del protagonista dalla vita e dall’arte. Un distacco che però trova una risposta, e forse una possibile salvezza, nell’atto del guardare, in una forma primordiale di creazione artistica. Dalla banalità del quotidiano – la solitudine, la noia, la nostalgia, i discorsi tra amici –, L’uomo alla finestra estrae un racconto profondamente poetico e universale.

Per approfondire:


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Selezione a cura di Banana Oil


Anubi, di Marco Taddei e Simone Angelini
Coconino Press – Fandango, 2017

Se ti è piaciuto L’uomo alla finestra per il costante senso di disagio che il protagonista sembra provare in una città sottilmente opprimente, allora leggi anche Anubi di Taddei e Angelini. Ogni anno c’è un fumetto che diventa un po’ simbolo di quell’anno, un titolo che, magari anche solo per poco, sta sulla bocca di tutti. Il 2016 è stato l’anno de La terra dei figli (Coconino Press – Fandango) di Gipi, per esempio, mentre il 2017 sarà certo ricordato come l’anno de L’uomo senza talento (Canicola) di Tsuge. Allo stesso modo, l’mvp del 2015 è stato senza dubbio Anubi, nella sua prima edizione per GRRRz. E a ragion veduta.

Il dio della morte egiziano, ormai spogliato della propria divinità, è prigioniero di una Pescara simbolica, intrappolato nei suoi vicoli e invischiato nelle sporche vite dei suoi abitanti, oppresso dalla droga e braccato da vigili urbani e suore tabagiste. Anche qui, come nel libro di Mattotti e Ambrosi, ogni personaggio è un simbolo, ogni situazione una metafora. Ma più che il lirismo della prosa di Lilia Ambrosi, qui è l’anima punkettona di Marco Taddei, unita all’impietoso bianco e nero di Simone Angelini, a far trasudare un disagio esistenziale da cui non c’è scampo. Giorni dalla quotidianità marcia si susseguono in un climax che porta a un finale che… be’, non c’è gusto a rovinare la sorpresa.

Trovare e ritrovare (in “Alack Sinner – L’età dell’innocenza 2”) di José Munoz e Carlos Sampayo
Editoriale Cosmo, 2017

Se ti è piaciuto L’uomo alla finestra per la sua deriva esistenzialista e lo sfilacciamento della linea mattottiana, allora puoi ritrovare questi elementi anche nelle storie più mature di Alack Sinner, celebre detective creato dal duo Munoz & Sampayo. Alack Sinner nasce negli anni Settanta, e si presenta come il classico investigatore privato amaro e disilluso che vaga in una New York ricca di piccola criminalità quanto di grande umanità. Col progredire delle storie, nel giro di pochissimi anni, la coppia di autori mette sempre più da parte il genere per esplorare una dimensione da un lato socio-politica e dall’altro esistenziale, facendo di Sinner uno specchio che mostri le contraddizioni della società e le dolenti vite degli individui che la popolano. Trovare e ritrovare è forse la storia simbolo di questa rivisitazione del genere hard-boiled, significativa anche per lo stile di Munoz che, piegando e stilizzando il disegno di impostazione realistica attraverso pennellate espressionistiche, raggiunge piena forza e maturità.

L’uomo che cammina, di Jiro Taniguchi
Panini Comics, 2017

Se ti è piaciuto L’uomo alla finestra per la sua inquietudine, allora prova l’altra faccia della medaglia: un mondo fatto di serenità, il placido scorrere delle giornate, piccoli gesti intrisi di gentilezza. Ne L’uomo che cammina, Taniguchi segue la quotidianità di un uomo che pare far nulla a parte quanto descritto nel titolo: camminare. Vagabonda per tutto il tempo in una città soleggiata e amichevole, qua è là scambia due parole con qualcuno, adotta un cagnetto, trova conchiglie trasportate fin lì chissà come, riposa sdraiato sui rami di un albero… Solo a parlare di questa trama inafferrabile, che più che una storia è una collezione di istantanee, pare di percepire un senso di tranquillità, di pace dei sensi. Il perfetto contraltare della tensione, a tratti violenta, che permea le pagine de L’uomo alla finestra.

 

Questa è la stanza, di Gipi
Coconino Press – Fandango, 2015

Se il particolarissimo modo in cui sono rappresentati i volti ne L’uomo alla finestra ti ha detto qualcosa (anche se non sai esattamente cosa), allora nelle storie di Gipi, e in particolare del primo Gipi, troverai altro pane per i tuoi denti. In Questa è la stanza seguiamo una combriccola di giovani un poco sbandati, intenti a metter su una band. C’è la provincia con i suoi spazi aperti e il suo stato d’abbandono, c’è la quotidianità, ci sono i sogni e gli entusiasmi tipici dell’adolescenza, c’è una silenziosa storia di crescita. Ma soprattutto c’è quel modo di disegnare le facce. Giusto qualche linea, la bocca un buco pieno di triangolini per denti e gli occhi poco più di due punti. Un character design che rinuncia a manierismi estetici e ci si para davanti così, nudo e semplice, senza filtri, straordinariamente espressivo.

 

Le strade di sabbia, di Paco Roca
Tunué, 2014

L’uomo alla finestra è la storia di sette personaggi. Ciascuno carico del proprio simbolismo, come ribadito anche nella postfazione di Daniele Barbieri. Ma se pensi che ci sia un ottavo personaggio, anch’esso denso di significato e che quasi vive di vita propria, abbracciando il destino di tutti (protagonisti e comparse), allora leggi anche Le strade di sabbia di Paco Roca. Perché quell’ottavo personaggio è la città, imponente e granitica eppure costantemente cangiante, quasi fosse un organismo in perpetua evoluzione. E ne Le strade di sabbia il quartiere in cui si perde il protagonista, finendone intrappolato, è esattamente questo: un labirinto simbolico costituito da strade e case che sembrano animate da una propria volontà.
I parallelismi tra i due fumetti, pur così diversi, non finiscono certo qui. Anche in questo titolo, probabilmente il più trascurato della produzione di Roca, ogni personaggio è un simbolo, e la tensione del protagonista una metafora. Il protagonista si ritrova, appunto, intrappolato in un quartiere sconosciuto ed è costretto ad alloggiare in un albergo dove conosce tanti strambi personaggi, ognuno rappresentazione di ansie e idiosincrasie. Fuggire per tornare alle responsabilità della propria vita sembra l’unica strada. Ma non è così facile, le strade si distorcono e si attorcigliano, ripiegandosi su loro stesse. Oppure in realtà lasciarsi la propria esistenza alle spalle è proprio ciò che il protagonista desidera?