Hugues Micol, Scalp, Oblomov Edizioni, 2017
Libro del mese | Febbraio 2018
Scalp probabilmente non è per tutti, per la complessità della lettura che richiede e per la violenza che mette in scena. Pure non era possibile rinunciare a consigliare questo libro, il primo che porta in Italia uno dei più importanti e talentuosi autori di Francia. Ambientato in un West fosco e violento, racconta le vicende di John Glanton, fuorilegge, soldato, cacciatore di scalpi e massacratore di indiani, personaggio leggendario che è anche a fondamento di uno dei romanzi più belli di Cormac McCarthy: Meridiano di sangue. Leggere queste pagine non vuol dire semplicemente avvicinarsi a una delle tante tragiche ombre che costellano, e spesso sono a fondamento, della nascita degli Stati Uniti. Vuol dire piuttosto iniziare una corsa infernale verso un abisso in cui la violenza è tanto efferata quanto priva di soluzione, sia essa la denuncia o la sublimazione eroica. Glanton porterà con sé il mistero che lo ha spinto a compiere tali azioni; a noi rimane la forza espressiva del segno e delle tavole di Micol, che non è esagerato paragonare ai cicli goyeschi per deformazione, per la gestualità delle pennellate, per la rappresentazione di un mondo in cui la ragione non ha spazio, e rimangono solo i mostri.
link e approfondimenti
- Le prime dieci pagine di “Scalp” su Fumettologica
- Hugues Micol commenta “Scalp” su BFM.TV
- Hugues Micol parla dell’influenza di Goya sul suo lavoro in un podcast di France Culture
- Un’intervista sul documentario web “Alma: A Tale of Violence”, illustrato da Micol, sul sito di critica du9
- Un’intervista all’autore per il Festival di Angoulême del 2009
se ti è piaciuto Scalp leggi anche…
Selezione a cura di Banana Oil
Largemouths, di Gabriel Delmas
Hollow Press, 2015
Se ti è piaciuto Scalp per la sua strabordante e violenta potenza visiva, fatta di un bianco e nero sferzante e tavole cangianti, leggi anche Largemouths dell’etichetta dark underground Hollow Press.
Ispirato alle allucinate visioni di Francisco Goya, l’opera di Gabriel Delmas trascina il lettore in un mondo primordiale nel quale giganti affamati calcano la terra vessati da intemperie ancestrali e accompagnati talvolta da buffi animaletti ormai estinti. Fame, istinti atavici, violenza. Quello di Largemouths è un universo prima della ragione: non c’è spazio, ancora, per l’uomo e per le raffinatezze di un linguaggio moderatore, ma solo per la disperata ricerca di sostentamento e di sopraffazione.
(Quasi) completamente muto, qui Delmas dà il meglio di sé come narratore visivo, intessendo un racconto potentissimo veicolato attraverso il nero assoluto che macchia le pagine, deformando personaggi e rendendo giustizia alla forza degli elementi.
Capitan Jack, di Tito Faraci e Enrique Breccia
Sergio Bonelli Editore, Tex albo speciale n. 31, 2016
Se ti è piaciuto Scalp perché, alla fine, quello che ti ha colpito è l’affascinante immaginario della Frontiera americana… beh, non puoi che leggere qualche avventura del più famoso personaggio Bonelli di sempre: Tex Willer. E magari puoi cominciare dal recente Capitan Jack, scritto da Tito Faraci e disegnato dal superbo Enrique Breccia. A seguito di Scalp, si consiglia questa avventura nello specifico per due motivi.
In primo luogo per i disegni di Breccia junior, di un bianco e nero graffiato ben diverso dal tratto pastoso di Hugues Micol, che rivelano come anche una struttura e un’impostazione della tavola classiche (con qualche strizzata d’occhio ai profili di Pratt) possano essere ancora efficaci per raccontare con le immagini.
E in secondo luogo perché anche questa, a modo suo, è una storia sulla cattiveria umana. Indiani reietti al pari di generali sanguinari inanellano una infinità di malefatte, vendette e controvendette ai limiti della follia, come solo l’uomo prigioniero della sua natura malvagia e corrotta (in senso morale, non economico) sa fare.
Blame!, di Tsutomu Nihei
10 volumi, Panini Comics, 2015
E rimanendo nella sfera della potenza visiva, del disegno che si fa narrazione autonomamente, se ti è piaciuto Scalp leggi anche Blame!, anche se il cambio di setting a favore di un lontano futuro cyberpunk potrebbe di primo acchito disorientare.
Se in Scalp è l’intreccio sontuoso e violento dei corpi a far trasparire la condizione umana sottostante, Blame! è se vogliamo l’esatto opposto. Ampie sale vuote, ballatoi traballanti che si sporgono su precipizi senza fine o su spianate illimitate. È un futuro lontano ormai del tutto e artificiale e l’uomo, quantomai solo e isolato in se stesso, non ha che da vagare apparentemente senza meta in una megastruttura fredda e inospitale. Persino la missione del protagonista è poco chiara (persino a lui), ma poco importa: scopo, relazioni e aspirazioni sono un fantasma del passato. Qui a dominare sono il silenzio, il contrasto tra cunicoli angusti e l’improvvisa caduta nel vuoto più esteso, gli sporadici incontri con i nuovi signori di questo universo morente: esseri di silicio freddi come le mura che li ospitano.
Nihei prima di darsi al manga era un architetto, e si vede. L’uomo nella sua narrazione è piccolo, quasi insignificante, perso in un mare di cemento e tubi e cavi elettrici, in un intreccio di costruzioni artificiali da togliere il fiato.
Krazy Kahlo, di Marco Corona
001 Edizioni, 2016
Originariamente pubblicato con il titolo Frida Kahlo, una biografia surreale, Marco Corona ha poi più di un decennio più tardi ripreso per mano questo lavoro, aggiungendone una seconda parte che al contempo ne allarga gli orizzonti e lo completa.
Ed è proprio questa seconda parte a cui, se ti è piaciuto Scalp, dovresti dare un occhio. L’impatto visivo, l’utilizzo libero della tavola e il dolore viscerale che ne scaturisce sono l’uno il contraltare dell’altro: da una parte la sofferenza perpetrata all’esterno tramite violenza e soprusi, dall’altra un dolore intimo, introiettato e percepito come forza vitale ultima.
Composta di un maestoso tratteggio affiancato a campiture nere quasi espressioniste, quella composta da Marco Corona non è una “banale” biografia ma una metabiografia che si fa in primo luogo riflessione sul rapporto tra dolore e arte, narrando l’animo della pittrice più che tracciando la cronistoria della sua vita.
The Goon, di Eric Powell
15 volumi, Panini Comics, 2014-2016
E per chiudere, un consiglio più leggero ma che pianta le sue radici proprio negli immaginari estremi quanto reali di racconti come Scalp, prendendo e opportunamente esasperando la violenza che li permea. The Goon è una storia pulp dalle tinte horror in cui il malavitoso protagonista, Goon appunto, assieme al suo fido compare Franky se la vedono con zombie, scienziati pazzi e altre mostruose amenità. C’è qualcosa nella caratterizzazione dei volti, soprattutto nelle aberrazioni create dal prete zombie, che ricorda le facce deformate di John Glanton e dei suoi compagni di follia. Ma soprattutto c’è in The Goon uno speculare approccio alla violenza: esasperata e quindi esorcizzata, la brutalità non è più un male oscuro e limaccioso, malcelato sotto la superficie dell’umanità, ma premessa ilare e a tratti anche eroica, melodrammatica.
Goon e compagnia si faranno strada a cazzotti e bottigliate, sapendo divertire e intrattenere ma senza mai scadere in un becero gusto splatter fine a se stesso (altra possibile deriva cui si può incorrere estremizzando i già estremi slanci di opere come Scalp).