José Muñoz: il sangue degli ancestri (prima parte)
1. Partire da lontano
Per parlare del lavoro di José Muñoz bisogna prendere la rincorsa, allontanarsi parecchio, cambiare emisfero e indietreggiare di oltre cinquant’anni.
Il 4 settembre 1957 Muñoz ha tredici anni e, nelle edicole di Buenos Aires, appare il primo numero di “Hora Cero semanal”, nuovo periodico a fumetti dell’editoriale Frontera dello sceneggiatore Hector Gérman Oesterheld. Sulle pagine di quel primo numero, che si sviluppa orizzontalmente come i più popolari tra i prodotti, c’è un fumetto straordinario, destinato a costringere i lettori a visite periodiche all’edicola per le 105 settimane successive.
E’ L’Eternauta, scritto dallo stesso Oesterheld e disegnato da Francisco Solano Lopez, racconto lunghissimo e opprimente che ammanta il presente del peso metaforico della fantascienza. Una nevicata letale, un’invasione silenziosa, un esercito di malvagi costretti alla banalità del male da una paura che può uccidere. Juan Salvo, l’Eternauta, attraversa quelle pagine, e poi lo spazio e il tempo, divinando un futuro opprimente ancora troppo lontano per essere anche solo immaginato.
I lettori, soprattutto i più giovani, afferrano il senso profondo di quella letale invasione aliena. Su quelle pagine respirano un’anticipazione della storia che verrà. Carlos Trillo, sceneggiatore argentino e coetaneo di Muñoz, al termine di un commovente ricordo della sua lettura giovanile dell’Eternauta (pubblicato nel cinquantesimo numero di “Scuola di Fumetto”), scrive:
“Il fumetto fu pubblicato ma non è stato possibile evitare l’orrore. L’Argentina continuò a vivere la sua realtà increspata. E Arturo Frondizi, che era finalmente presidente in quel 1959 dei nostri quindici anni e della fine del racconto, fu presto deposto, il peronismo proscritto e il maggioritario continuò a mancare ai tavoli democratici e i “golpes” militari si succedettero con le loro ridicole marce equestri e le bandiere e le voci gravi che ascoltavamo alla radio e alla televisione. Fino a quel 1976 della nevicata fatale che permise di dare a El Eternauta una nuova lettura. Perché le centinaia di migliaia di lettori che hanno conosciuto l’opera di Oesterheld e Solano più di quindici anni dopo, in un’opportuna riedizione, non hanno letto come noi una meravigliosa favola sulla solitudine, la disperazione e la resistenza. Trovarono invece una favola sugli anni di piombo, una profezia che si stava compiendo nella realtà, così piena di distruzione e morte, che si portò via, tra gli altri, lo stesso autore della favola.”
Lo stesso Oesterheld, una mattina scompare, andando ad arricchire la sconfinata distesa dei desaparecidos. Un numero osceno di vittime. Alcune stime parlano di 30.000 individui: a scriverne solo i nomi e i cognomi si potrebbe riempire un libro di quasi 800 pagine. Ogni riga, una vita.
Negli anni in cui esce L’Eternauta, José Muñoz è giovanissimo, 14 anni o poco più, e si aggira per Buenos Aires cercando di vivere della propria arte: studia disegno, scultura e pittura, frequenta una scuola d’arte. Non è schizzinoso: per guadagnare si dedica al restauro di mobili. A un certo punto, gli si è presentata l’occasione di lavorare nello studio di Solano Lopez. Tutte le mattine, Muñoz sale al quinto piano in un deposito riadatto a studio che il disegnatore affitta da una coppia calabrese che parla pochissimo spagnolo. In studio fa il lavoro umile del ragazzo che deve imparare un mestiere. In quei giorni, quasi per caso, inchiostra gli sfondi delle ultime cinquanta pagine dell’Eternauta.
I primi passi di un autore che di lì a poco diverrà un gigante del fumetto muovono sulle pagine che segnano indelebilmente la coscienza sociale e politica dei suoi coetanei. Da quegli inchiostri neri e profondi, intrisi di società, bisogna partire per capire l’arte di José Muñoz.
(Fine prima parte)
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