Brecht Evens: un premio all’audacia
Gennaio 2011, Angoulême. Nell’anno in cui dopo Pratt (1976), Micheluzzi (1984), Manara/Pratt (1987), Giardino (1995) e Gipi (2006), un italiano vince il premio per il miglior album (Manuele Fior con il bellissimo 5000 chilometri al secondo), è comprensibile che anche ai più appassionati possa sfuggire qualche chicca. Per la precisione quella meraviglia di fumettista che è Brecht Evens, che con il suo Les Noceurs (traduzione francese per Actes BD dell’originale, in lingua belga, Ergens waar je niet zijn) ha vinto il Prix de l’audace 2011. Se ve lo siete persi, sappiate che il Festival internazionale di fumetto di BilBOlbul aveva già pensato di invitarlo quando Brecht Evens era solo inserito tra i papabili di Angoulême, e quindi lo troverete in mostra a Bologna ai primi di marzo.
Brecht Evens è belga, ha poco più di ventiquattro anni ed è uno spilungone dal capello sconvolto e dall’aria (molto) spiritata. Io l’ho sempre visto vestito di nero (al Festival Fumetto di Lucerna, dove era ospite l’anno scorso, e in foto).
Solo una manciata di titoli pubblicati, prima di Les Noceurs. Quelli del 2005 e del 2006 sono abbastanza introvabili, poi Nacht Dieren (in pubblicazione negli Stati Uniti per Top Shelf): due racconti senza parole tra china e acquarello. Il primo, dal titolo Schlecte Freunde (reminiscenze di lingua teutonica mi spingono ad azzardare significhi “Cattive compagnie”) è particolarmente efficace: una ragazzina viene rapita da un demone/strega la prima notte di mestruazioni e portata a un vero e proprio baccanale. I mostriciattoli, rigorosamente rossi, preludono a una delle caratteristiche salienti di Brecht Evens: la capacità di mescolare citazioni visive provenienti dalla cultura di massa e ripescaggi colti (si intravede Bosch), tipica degli artisti dal saldo immaginario.
Les Noceurs (i cui originali saranno in mostra a BilBOlbul 2011 in contemporanea alla pubblicazione in Italia per Comma 22) parte come progetto di diploma per la scuola di illustrazione di Gent, viene pubblicato nel maggio 2009 dall’editore belga Oogachted (http://www.oogachtend.be), esce in Francia (gennaio 2010), vince il Willy Vandersteen Prijs all’Haarlem Comics Festival, arriva negli Stati Uniti e in Germania (ottobre 2010) e, infine, approda ad Angoulême e vince.
Sulle sue pagine si incrociano Gert, Robbie e Naomi. Tre personaggi e tre giornate per tre capitoli. Il fumetto si apre con i preparativi di una festa a casa di Gert. Arrivano gli invitati e presto ci si accorge che tutti stanno solo aspettando Robbie, di cui parlano incessantemente, sapendone in realtà molto poco e delineando una specie di figura mitologica. Quando si rendono conto che non arriverà, levano le tende, anche perché Gert è un tipo banale, dalla battuta sempre fuori luogo, sostanzialmente noioso, un po’ viscido. La sera seguente incontriamo Robbie nel suo ambiente naturale: il locale Disco Harem, sfondo perfetto per la sua figura carismatica. Un saluto per tutti, balla, intercetta sguardi adoranti. Tra la folla c’è anche Naomi, ragazza timida trascinata da un’amica a far festa, la memoria ancora intrappolata in una storia d’amore finita. Per caso incrocia Robbie e viene risucchiata dalla sua aura; per gioco o quasi ci fa sesso.
Altro giorno. Mentre Naomi esce sola dalla casa di Robbie, lui è con Gert e lo spinge a essere più vivo, intraprendente, pazzo, ma Gert non ha voglia di aver voglie, cerca solo una vita tranquilla, illuminata ogni tanto dalla cometa di Robbie che vorrebbe fermare, trattenere in una rete di abitudine. Un’amicizia impossibile.
Una trama abbastanza semplice, filata su personaggi dai tratti minimi, archetipici, alla ricerca di una rappresentazione dei rapporti sentimentali nel periodo apparentemente spensierato della giovinezza. Potrebbe deludere i più, ma non rappresenta certo la cifra del fumetto. È il colpo d’occhio a portarci sul piano di genialità di Brecht Evens.
Tutta l’opera è costruita sulla sottrazione del tratto (vi lascio trovare l’unica eccezione che incornicia un momento ben preciso). Le figure si accalcano sulla pagina attraverso stratificazioni successive di colore. Brecht Evens dichiara di disegnare sommariamente a matita le sue tavole, giusto per avere una traccia di come disporre le figure nello spazio, poi comincia a dipingere direttamente con l’Ecoline, partendo dai colori più chiari e arrivando a quelli più scuri. Via via colora attorno ai punti della tavola che devono rimanere più luminosi; così, le lampade di Disco Harem o le figure colpite dalla luce sono in realtà le parti di carta meno ingombre di pennellate. Questa sovrapposizione di colore è la vera trama del fumetto, tra i cui strati andare a ricostruire il lavoro dell’autore. La trasparenza dell’Ecoline permette agli strati inferiori di rimanere sempre visibili: ecco che la decorazione di un pavimento risalta anche tra mille figure che ballano e lo schienale di una sedia in primo piano si chiude attorno ai visi sullo sfondo.
Altra particolarissima caratteristica è il pattern dei colori. Ogni personaggio ha assegnato un colore per tutta la storia: Gert è grigio come la sua personalità triste, Naomi è rossa d’imbarazzo, Robbie è campito in un blu da creatura notturna, fantastica e fantasmatica. Anche il lettering segue lo stesso schema e così anche nelle tavole più caotiche e piene di dialogo si possono riconoscere le parole dei personaggi. In questo modo le figure possono diventare sempre più astratte, disegnate solo con qualche tratto (il neo di Naomi, le strisce dei pantaloni di Robbie) eppure rimanere individuabili dal codice colorato.
Le tavole non seguono uno schema fisso: passano da griglie di quattro, sei, nove disegni, a intere che delineano ambienti e paesaggi, a doppie ancora più complesse in cui i personaggi compaiono ripetuti più volte per indicare il loro movimento nello spazio, a singole silhouette sulla tavola bianca.
Les Noceurs diventa un fumetto “atmosferico”: veli di aria, luce e materia tra cui si muovono figure che a tratti hanno la consistenza dell’apparizione, del mito, della creatura mostruosa.
Brecht Evens a soli ventiquattro anni crea un’opera dalla forza dirompente: il trionfo del colore regala schegge di un mondo fantastico infinito, tavole magiche da spiare una a una, che lasciano ammirati per quella che sembra un’innata, istintuale sapienza costruttiva, supportata da un forte immaginario d’artista, che cita e reimpasta suggestioni da tutti i mondi visivi immaginabili: arte, pubblicità, cinema, incubo.
Un autore estremamente affascinante, la cui forza sta in una coerenza più intuita che rigorosamente ricercata. Mi dichiaro fin da ora profondamente innamorata.
(sopra, a sinistra, George Grosz – Metropolis – 1917)
Tutte le informazioni sugli appuntamenti con Brecht Evens a BilBOLBul:
archivio.bilbolbul.net/it/brecht_evens
[…] da stasera.) seguirò per e con lo Spazio Bianco il festival di BilBOlbul. qui trovate già un mio articolo su un tipo conosciuto, se leggete da un po’ il mio […]