Di Cosmo, china ed altre storie: intervista a Marino Neri

Di Cosmo, china ed altre storie: intervista a Marino Neri

 ci indirizza nella lettura della sua ultima opera, Cosmo, raccontandoci anche di sé, della sua idea di fumetto, della sua estetica e anche un po’ di noi, i lettori.

copertina-1Grazie mille Marino per la tua disponibilità! La prima domanda prende spunto dalla nostra intervista del 2012, rilasciata in seguito alla pubblicazione de La Coda del Lupo. Allora accennasti ad un progetto su cui stavi lavorando: si trattava di Cosmo, tuo ultimo fumetto?
Sì, era lui. Diciamo che ci stavo iniziando a pensare. In verità poi ho cominciato a lavorarci a tempo quasi pieno dal 2013.

Sono tre anni di lavoro: ne deduciamo che sei un autore che si concentra molto sulle sue opere, che vi dedica molto tempo.
Sì, ci metto parecchio tempo. In questo caso poi ho dovuto lavorare anche con il colore, il che ha aumentato la dose di lavoro. Ho lavorato anche molto alla storia, prima di iniziare a disegnarla. Ho buttato giù diverse idee, ho pensato alla sceneggiatura. Scrivo molto, poi quando questo racconto ha un po’ una forma inizio a disegnare. In seguito, nel disegnarlo, il fumetto cambia, però prima faccia comunque questo lavoro di scrittura. Non mi attengo proprio in maniera rigida al canovaccio (rispetto alla “sceneggiatura” molte cose sono cambiate), però diciamo che la struttura la butto giù così. Un po’ perché mi piace scrivere, ma è una cosa che aiuta soprattutto a disegnare.

Ho personalmente apprezzato il lavoro di sintesi, il simbolismo dei personaggi del racconto. Parti da un’idea generale e limi fino ad arrivare al particolare, oppure, al contrario, vai per aggiunta?
Il lavoro della scrittura è un po’ un lavoro di accumulo di idee. In questo caso la voce narrante è un ragazzino, che doveva avere una passione per l’astronomia. Mi sono documentato per rendere più realistica la sua voce, quindi c’è un lavoro di accumulo di idee e poi c’è un lavoro di sfoltimento e di semplificazione, perché comunque la mia idea di fumetto– e Cosmo rientra in questa idea-  è che al centro vi è la storia di avventura, il viaggio e quindi via via le cose che potevano frenare la lettura sono state tolte.

L’idea del ragazzino “problematico” come voce narrante non è nuova, ma il personaggio è molto credibile ed è soprattutto ammirevole l’assenza di pietismo nei riguardi della sua malattia.
Ho lavorato documentandomi, per renderlo credibile. Cosmo è un ragazzino come tanti con problemi relazionali – non parla mai con nessuno, detesta essere toccato- e mi sono documentato su certi tipi di problemi. Tra le prime scene, lo vediamo scappare da questo centro diurno di riabilitazione… L’idea era di avere un personaggio che avesse qualche problema, ma non volevo che la storia diventasse un libro su ragazzini autistici o aspergers: è stato un espediente per far sì che il mio personaggio avesse una visione diversa del mondo, diversa dagli altri personaggi che incontra, ma diversa anche dal lettore. L’idea era proprio quella di giocare su un personaggio che avesse questa visione un po’ cosmica dell’esistenza, e che potesse dare uno sguardo diverso e nuovo sulle cose.

cosmo

Raccontaci un po’ degli spunti dai quali sono nati i protagonisti della storia e i tuoi modelli estetici.
La mia idea del libro era la storia di viaggio classica: il personaggio che parte e fa diversi incontri. Quindi ho cercato di caratterizzare ogni personaggio, a volte calcando un pochino e rendendolo un po’ fuori dalle righe. Per fare un esempio, il clochard che si incontra all’inizio ha dei tatuaggi sul viso. Ho voluto farlo anche per renderlo una creatura soprannaturale, con un valore un po’ magico. Anche se mi sono ispirato ad un barbone che vedevo sempre alla stazione, come con tutti i personaggi ho caricato alcuni elementi, in modo da renderlo più simbolico, perché mi piaceva dare questa doppia valenza. È un viaggio, ma questi incontri gli conferiscono un alone un po’ magico.
Per quanto riguarda i modelli estetici, ho un’idea di fumetto legata alla sintesi. Mi ritengo uno dei tanti della scuola classica del fumetto, quella che può essere definita la scuola caniffiana: china, pennello, pennino e questa idea di sintesi e di bianco e nero. Anche se il libro è a colori, le tavole sono state pensate per funzionare anche e soprattutto in bianco e nero. E quindi gli autori a cui faccio riferimento sono legati a questa idea di fumetto come sintesi, e potrei citare Mazzucchelli, Caniff, i fratelli Hernandez, Toth. Durante il lavoro ho comprato un libro sul character design di Alex Toth, utile per lo studio dei personaggi. Spesso consulto, studio diversi autori, anche contemporanei, come Fior… la mia libreria è un appuntamento continuo…

ragazzinaÈ bella questa immagine del fumettista maturo, che ha un suo stile, ma che continua a sfogliare.
La cosa bella è che il linguaggio che si utilizza è talmente ricco che da ogni autore si può osservare e prendere spunto per risolvere un problema narrativo. Quindi consulto spesso la mia libreria, per vedere di risolvere i problemi che mano a mano incontro.

Si tratta della tua prima opera con Coconino. È stata anche la più impegnativa?
È stata la più impegnativa, per la struttura narrativa comunque più complessa. Anche se si tratta di un racconto pieno di non detti come era stato anche La coda del lupo, in questo caso ho voluto mettere di più il disegno al servizio della storia.
E poi per l’inserimento del colore, che non avevo mai utilizzato prima. Come autore mi piace sempre alzare l’asticella della difficoltà. Con l’editore abbiamo discusso diversi aspetti del libro per trovare un’idea comune. Quando si fa un libro penso sia sempre utile confrontarsi non solo con l’editore ma anche con persone di fiducia, che possono farti da specchio. Il lavoro del fumettista è molto solitario, in un certo senso, e quindi ogni tanto hai bisogno di momenti di confronto e riflessione.

Che legami ha questo lavoro con le tue opere precedenti?
In realtà c’è sempre un po’ questa idea di lavorare con dei protagonisti che siano ragazzini o bambini. Non è una scelta a priori ma forse una predilezione. Questo mi ha permesso di avere uno sguardo che potesse diluire la narrazione in una dimensione un po’ immaginifica, favolistica. Perché questo è anche il mio modo di raccontare. Questo ultimo lavoro però non è un libro di formazione vera, come poteva essere La Coda del Lupo, perché non è che il viaggio di Cosmo sia propriamente di crescita. Si tratta un po’ del discorso inverso: forse sono i personaggi che incontra… beh, mi piaceva l’idea che ci fosse un “cortocircuito” tra i personaggi. Di fatto, tutti loro lo scambiano per qualcun altro. Lo intrappolano in un ruolo che non è il suo: il barbone diventa il suo socio in un micro-furto, la ragazzina lo intrappola come se fosse un “oggetto” di sua proprietà.

Lui è un po’ un elemento di disturbo…
Lui è come se fosse una sorta di foglio bianco, ed è per questo che mi “serviva” un personaggio che avesse dei problemi relazionali, perché lui non sa rapportarsi agli altri, ma diviene il foglio bianco su cui gli altri possono scrivere quello che vogliono.

cosmo01-1La narrazione mi ha colpito perché si crea un ambiente favolistico ed i personaggi possono anche essere interpretati come simboli. Ma vi sono anche dei veri e propri “simboli”, come le stelle, che sono anche una citazione, la volpe…
La volpe non ha un significato simbolico specifico, mi serviva un altro animale selvaggio braccato, come Cosmo, dai cacciatori. In un certo senso è il corrispettivo di Cosmo, un animale solitario. La volpe è già un animale carico di simboli di per sé, nelle favole per esempio, ma la scelta è ricaduta sulla volpe perché nelle campagne nelle quali è ambientata la storia, l’unico animale selvaggio – e anche molto bello da disegnare- è la volpe. Ho pensato anche ad altri animali, ma non funzionavano.

Mi è piaciuta molto l’alternanza che c’è tra l’universale e il minuto, il piccolissimo. Si parte dalle stelle, dal cosmo, che è quanto di più “generale”, inimmaginabile e sovrumano, ma continuamente riporti l’attenzione sull’umano, sul microscopico…
Era un po’ l’idea iniziale: mettere in relazione il macrocosmo e il microcosmo. Quindi la voce narrante, il dialogo costante con il “ragazzo ombra”, il suo amico immaginario, che mi permetteva di costruire un dialogo anche un po’ esistenziale. Il gioco infatti è tutto lì, rappresentare questo grande balletto in cui poi anche le stelle sono coinvolte. Le stelle sono gli spettatori iniziali, ma alla fine sono anche loro parte di questo grande movimento. Come il ragazzino che decide di partire e anche tutti i personaggi che sono persi nelle loro solitudini. Il collegamento tra macro e microcosmo mi serviva per mettere in relazione questi elementi comuni: le stelle, gli esseri umani, gli animali. Che sono tutti in questa situazione di viaggio, senza sapere perché.

E anche il lettore si sente coinvolto…
…anche il lettore è perso, come le stelle.

Intervista pubblicata originariamente su Lo Spazio Bianco.

PREFESTIVAL

21 NOVEMBRE H21

PRESENTAZIONE EDITORIALE
COSMO
(COCONINO PRESS FANDANGO)
MODO INFOSHOP
con MARINO NERI.
Inteviene ALESSIO TRABACCHINI
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