Marco Taddei e Simone Angelini: Anubi a Bologna
Ciao ragazzi. Vi avevamo letto finora solo nelle vostre Storie Brevi e Senza Pietà, delle quali se non erro sono uscite due raccolte. Anubi, pubblicato da GRRRZ, è il vostro primo lavoro lungo. Come vi siete avvicinati al fumetto e come vi siete ritrovati a scriverli insieme?
Simone: Mi son avvicinato al fumetto come tanti appassionati e aspiranti fumettisti, “surfando” tra i generi in base all’età, leggendo cose per adulti da bambino e cose da bambino poi da adulto. Da fumettista autodidatta ho sempre cercato di scrivere e disegnare storie ispirandomi a quello che più mi colpiva. Per un lungo periodo non ho più letto fumetti ne disegnato nulla finchè intorno ai 30 anni ho sentito la necessità di raccontare e questo è coinciso con la creazione nella mia città, Pescara, di una fanzine autoprodotta “Carta Straccia” che mi ha permesso di sperimentare prima da solo su scrittura e disegno e successivamente dar vita alla collaborazione con Marco. Su Carta Straccia abbiamo realizzato a puntate la prima storia insieme che è poi divenuta il punto di partenza per realizzare la raccolta “Storie brevi e senza pietà” nel 2012.
Marco: Simone mi ha indicato il mondo del fumetto come una possibile valvola di sfogo del mio matto “istinto” di scrivere storie. In principio ho sempre buttato giù le mie idee in forma di racconti o di strani, bizzarri componimenti ma devo ammettere che la forma fumetto è una stimolante alternativa. Io e Simone ci siamo ritrovati nella stessa barca anni fa quando ci siamo avventurati nella collaborazione con Carta Straccia, da lì, quasi per caso, abbiamo cominciato a pedalare in tandem.
Come è nato il progetto Anubi, mi riferisco soprattutto a quali sollecitazioni, esperienze di vita, riflessioni condivise?
Marco: Anubi nasce perché io e Simone siamo qui. Per farlo nascere ho preso molto delle cose che mi sono capitate nella vita, e Anubi per crescere ha preso tanto dalle mie invenzioni, delle mie associazioni, delle mie idee.
Simone: Il personaggio è nato graficamente come gesto spontaneo, non ti so dire neppure io perché tutto nero e perché con l’occhio stellato. Nello sviluppo della storia Marco mi ha lasciato le libertà necessarie per ficcarci dentro anche tanto del mio vissuto che trasuda graficamente in ogni bancone di bar, volto, vicolo o deserto infinito.
Uno dei temi centrali del volume è la dipendenza, da sostanze, affettiva, … ma anche qualcosa di più sottile. Una sorta di dipendenza dalla mediocrità, dal povero conformismo dell’anticonformismo e dello sfacelo. Quanto di questi spunti vengono dalla vostra esperienza personale, diretta o indiretta?
Marco: Penso che basti dire che viviamo in un mondo mediocre che offre poco ma che al contempo ti stimola in continuazione ad essere il primo della classe. In un mondo così, chi si gode il proprio fallimento fa un atto sincero di autocoscienza. Un Dio che ha perso tutto, anzi un Dio perdente, forse demente, è l’immagine estrema ed iconica di questo fallimento totale e senza salvezza.
Simone: E’ la vita di tutti i giorni fatta di dipendenze, di mediocrità, di cose senza senso.
Vorrei essere plancton.
Uno dei punti di forza di Anubi credo stia nel ritmo del racconto. Avete curato molto bene l’equilibrio tra quello che viene mostrato e quello che è lasciato alla mente del lettore. I tempi della storia sono sincopati, a volte “puntuali”, cioè spezzati, ma in un modo da non interrompere la fluidità della storia. Mi sembra un lavoro molto maturo, per due giovani autori alla prima prova su una storia lunga. Da cosa deriva questa vostra attenzione? Da quali studi o ispirazioni?
Marco: Grazie. Il ritmo di Anubi penso sia gradevole, sincopato e riflessivo assieme. Scrivere storie per me, è sempre stata la cosa più importante e più di questo non posso dire. Non so spiegare la “maturità” di Anubi, io e Simone abbiamo solo prodotto la storia che sentivamo grattare sotto la nostra pelle. L’ispirazione è infinita come sempre e proviene da centinaia di luoghi differenti. Autori, scrittori, musiche, colori, sogni, vicissitudini, temperature, tutto si deposita dentro di noi e diventa humus per le nostre elucubrazioni.
Simone: Posso aggiungere che nello storytelling visivo ho tentato in tutti i modi di disegnare un fumetto che fosse statico e rigido per dare determinate suggestioni e al tempo stesso rapido e “animato” agli occhi per renderlo fruibile a tutti. E’ una caratteristica che viene dalla mia passione per l’animazione. Questa particolarità mi è stata riferita da molti autori che stimo e mi sento come se avessi trovato un doblone d’oro nella cassapanca di mia nonna.
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