Qui e oltre: il capolavoro di Richard McGuire a Bologna
L’eliminazione del tempo standard e la sua concezione olistica
Cosa avrà provato il demiurgo platonico mentre, osservando l’iperuranio e trovandosi di fronte l’assoluto, plasmava la χώρα ((Kora: il demiurgo platonico osservando il mondo delle idee non creava delle copie, ma plasmava una materia grezza già esistente, appunto la kora.)) imitando il mondo delle idee?
Richard McGuire col suo fumetto riesce a trasmettere questa esatta sensazione.
Distruggendo totalmente la concezione basata su un’ottica limitata ed egocentrica, Qui elimina l’idea di tempo come vettore unidirezionale, e ci pone di fronte ad un’esistenza osservabile sub specie aeternitatis (dal punto di vista dell’eternità) .
L’autore struttura tutte le sue tavole come doppie splash pages a inquadratura fissa sull’angolo di un salotto, dividendo a sua volta lo spazio attraverso dei sotto-riquadri che mostrano l’aspetto e gli eventi di quell’esatta sezione in un differente periodo storico indicato con precise date.
In questo modo il tempo non è più relegato alla gabbia dell’individuo, ma si esprime mediante una consapevolezza totalizzante che ci permette di guardare ad esso in una prospettiva olistica, come un tutto infinito e già sviluppato che ci appare di fronte a colpo d’occhio, come fosse un quadro. Si arriva ad avere uno sguardo d’insieme in cui tutto accade ed esiste nello stesso istante e non c’è svolgimento. Il tempo perde la sua valenza, viene rallentato, accelerato, spezzettato; passato e presente non hanno più ragion d’essere e divengono una singola attualità, che il lettore osserva esattamente come un demiurgo.
L’uomo, in quanto essere mortale, è ossessionato dallo scorrere del tempo. La sua esistenza, limitata e finita, lo porta a percepire la vita come sviluppo lineare verso un fine, concetto che McGuire esprime con il paragone dell’orologio:
“gli inglesi lo chiamavano watch, “guardare”, perché veniva guardato molto spesso”.
In questo senso singoli gesti o eventi vengono legati dalla nostra percezione mediante nessi causali fittizi volti a giustificare il percorso verso cui tutto tenderebbe; collegamenti che in realtà esistono esclusivamente nella nostra concezione individuale e ristretta.
Fra tali atti non sussite infatti un rapporto causa-effetto, esistendo solo singolarità di eventi slegati fra loro, che McGuire presenta come un insieme generale già compiuto e di cui siamo meri spettatori.
Ecco dunque che nello spazio della capriola di un bambino, sullo sfondo trascorrono secoli, e si perde così il senso della durata stessa dell’atto, poiché questo risulta parte di un tutto nelle cui infinite pieghe tende a scomparire: come un’increspatura nel mare.
In tale contesto sincronia e diacronia arrivano a coincidere e si osserva una complessità che non si svolge ma semplicemente è.
Alcuni passaggi sembrano inoltre suggerire una sorta di schema, un abbozzo di eterno ritorno, come nel caso del cane che in varie epoche abbaia puntualmente al postino; ma immediatamente l’autore scatena il caos, con catastrofi, distruzioni e persino un’inondazione, a sottolineare l’assenza di ricorsi non casuali nel disordine, così evidente nell’amara formula “brancoliamo tutti nel buio” pronunciata laconicamente durante la narrazione.
Contaminazioni formali da Joost Swarte a Gianni De Luca
McGuire costruisce le sue tavole imparando la lezione da due grandi maestri del fumetto: Joost Swarte e Gianni De Luca.
Da Swarte, teorico della ligne claire e anch’esso pubblicato sulla rivista Raw di Art Spiegelman in cui Qui apparve originariamente nell’89 con sole 36 vignette, McGuire eredita la concezione della simultaneità di più eventi parificati per importanza nella tavola.
Come evidente nella celebre copertina del secondo numero di Raw, Swarte applica alle sue tavole una continuità che non permette di leggere una sequenza di atti collegati fra loro secondo un ordine logico, o che proceda in senso lineare guidando lo sguardo, ma presenta un insieme di eventi separati fra loro sui quali il lettore deve focalizzarsi singolarmente, senza ordine prestabilito. A differenza di una narrazione canonica che si concentra su un singolo avvenimento, l’azione non si sofferma su un solo fatto, ma su molteplici. Primo e secondo piano si appiattiscono, e la vignetta diviene un unico scenario. Ciò che accade non risulta filtrato dall’autore per indurre attenzione su un solo particolare, ma si attribuisce importanza eguale a tutti i singoli eventi raffigurati per ottenere una visione d’insieme, proprio come accade quando si osserva un panorama o ci si trova nel bel mezzo dell’affollata Times Square.
Dirà Swarte:
“La linea chiara è un espediente grafico che permette di dare importanza alle persone e alle cose, sia che si trovino in primo piano, sia che facciano capolino sullo sfondo.”
Da De Luca, l’autore statunitense mutua invece l’idea di fumetto incentrato sul mezzo narrativo del teatro, sviluppata nel periodo del ciclo shakespeariano e felicemente definita da Daniele Barbieri “tempo coeso”. ((Giovanni Barbieri in De Luca. Il disegno pensiero edito da Black Velvet a cura dell’Associazione Hamelin di cui abbiamo parlato qui.))
Esattamente come in Qui, De Luca utilizzava una inquadratura fissa su uno scenario, come in un palcoscenico teatrale, su cui muoveva i suoi protagonisti.
Su un campo statico che occupava due pagine, De Luca ripeteva i personaggi all’interno dello stesso sfondo per fornire l’idea di movimento.
Non operava dunque una ripetizione del background in più vignette differenti con i protagonisti che si muovevano dall’una all’altra, ma utilizzava una stessa singola tavola/palcoscenico, su cui i personaggi venivano riprodotti più volte in sequenza nelle varie fasi della loro azione.
La grande innovazione di McGuire sta dunque nella differente scelta del protagonista della tavola.
Mentre De Luca resta legato a un’idea ancorata allo sviluppo sequenziale della vignetta, che permette di seguire lo svolgimento degli eventi in maniera lineare e consecutiva, secondo una concezione standard di tempo e con protagonisti gli uomini stessi, McGuire compie un passo in più: non ha bisogno di ripetere in successione i soggetti all’interno della medesima tavola, adottando questo espediente in una sola occasione e come omaggio evidente al fumettista italiano.
L’autore statunitense può permettersi di utilizzare lo sfondo teatrale senza dover riprodurre i personaggi, perché la sua concezione di tempo è infinita e caotica, non lineare come in De Luca.
Il suo interesse non è mostrare una serie di eventi direzionalmente orientata per seguirne lo sviluppo, ma presentare una singola realtà già compiuta.
Protagonisti delle tavole non sono più i personaggi umani, che anzi divengono parte della vignetta alla stregua di qualsiasi altro oggetto, ma sein e dasein, l’essere e l’esserci in quanto tali, qui ed ora, in una realtà assoluta che rappresenta il tutto di un quadro unitario.
In questo modo McGuire può raffigurare, con inquadrature fisse su uno scorcio che occupa due pagine, momenti differenti nel tempo, utilizzando dei sottoriquadri nella tavola. In ognuna delle piccole finestre, il tempo può dunque scorrere in maniera non lineare: nello spazio di una freccia scoccata, si svolge sullo sfondo l’evoluzione del nostro pianeta. Ciò che ne risulta è un continuum generale di eventi che avvengono esattamente nello stesso momento, senza assumere una direzione: ci troviamo di fronte allo sviluppo continuativo ed attuale dell’infinito.
Oltre le Colonne d’Ercole del fumetto
Con una storia che inizia e si conclude in una concezione di tempo come eterno istante, nell’angolo di quel salotto e nella culla in cui è cresciuto nel 1957, l’autore compone il suo racconto dell’assoluto, in un fumetto dal carattere contemplativo, che incalza il lettore nel godere visivamente, da spettatore in piena catarsi, di un’esperienza grafica travolgente e universale.
McGuire firma un vero capolavoro destinato a diventare pietra angolare del mondo delle nuvole parlanti, realizzando un’idea di fondo che aveva possibilità di esistere solo attraverso il fumetto, e non con altri mezzi.
Qui rompe gli schemi, innova e si spinge oltre le Colonne d’Ercole del mezzo, mostrandoci tutta la sorprendente potenza che questo contenitore ancora relativamente giovane e inesplorato potrà riservarci in futuro.
AL FESTIVAL
Sabato 21 Novembre
H11
interviene FRANCO MINGANTI
in collaborazione con UNIVERSITÀ DI BOLOGNA – SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI, TRANSBOOK – CHILDREN’S LITERATURE ON THE MOVE
Domenica 22 Novembre
H14
Interviene ANDREA MARTIGNONI
In collaborazione con TRANSBOOK – CHILDREN’S LITERATURE ON THE MOVE