Vanna Vinci, un’intervista a ritmo di jazz
Ciao Vanna. Ci racconti da dove nasce l’idea di ritrarre i protagonisti del Bologna Jazz Festival e in cosa consiste esattamente?
La campagna per il Bologna Jazz Festival, che è fatta in collaborazione con BILBOlbul, si divide in due fasi. La prima vede due autobus, con linee variabili, che all’interno, nella parte superiore, normalmente adibita a spazi pubblicitari, riportano dei pannelli con la galleria di ritratti dei jazzisti e dei loro nomi, il tutto disegnato a mano. L’unica informazione di servizio, diciamo, sono i nomi dei promotori, cioè Bologna Jazz Festival e BILBOlbul, anche questi scritti a mano da me. All’interno degli autobus, e questa è l’idea fondamentale, si sente una selezione di brani jazz. Si tratta a tutti gli effetti di autobus sonori.
Nella seconda fase, si aggiunge la collaborazione con il CHEAP festival, che è un festival di street art che utilizza tutte le vecchie bacheche storiche per l’affissione, sparse in giro per la città. In questi spazi, sono stati infatti affissi dei manifesti, fatti apposta per l’esterno, con degli ingrandimenti e dei tagli dei miei ritratti, in modo da dare massimo risalto alle immagini. Le bacheche sono spazi giganteschi, alcuni alti anche tre metri, e si trovano nelle strade del centro, sia in strade molto aperte come via Indipendenza, ma anche in angoli più raccolti. Sono insomma parte integrante dell’ambiente cittadino. Ingrandire a dismisura i disegni, rinunciando magari anche a delle parti, con l’intento di aumentare l’impatto delle facce e del tratto, nero su bianco, senza colore, è stata una scelta potentissima e nello stesso tempo non stridente. I manifesti sono incredibilmente visibili, ma nello stesso tempo si inseriscono senza fatica nel tessuto della città. Entrano a farne parte, si mescolano alle strade, alla gente, ai portici e ai muri.
L’idea mi è stata proposta da Federico Mutti del Bologna Jazz Festival e da Emilio Varrà del BILBOlbul. A me è subito sembrata una cosa bellissima e quindi ho accettato immediatamente. Mi piaceva soprattutto l’idea che i ritratti, quindi da un lato i protagonisti del festival e dall’altro i miei disegni, diventassero per qualche mese parte integrante della vita cittadina. Che si mescolassero alla gente e diventassero una sorta di paesaggio urbano di segni e di suoni. Questo sia per quanto riguarda l’idea degli autobus musicali, che è stata quella iniziale. Ma in modo ancora più forte con il coinvolgimento del CHEAP festival di Bologna, con i manifesti enormi inseriti nelle vecchie bacheche della città.
Ci tengo a precisare che oltre ai ritratti, ho realizzato anche le scritte originali dei nomi, per ciascun artista o gruppo. Il Jazz festival mi ha fornito delle parole chiave che rappresentassero il mood, e io a modo mio, ho cercato nella scritta di riportare questa sensazione.
Per anni hai fatto caricature ma mai ritratti veri e propri. Com’è stato cimentarsi con questa ricerca?
All’inizio ero piuttosto terrorizzata. Ma la cosa abbastanza incredibile è che questi sono venuti quasi da soli in un pomeriggio. Lo stesso è successo per il tratto, netto e nervoso che ho usato. Adesso però effettivamente sto provando a tempo perso a fare dei ritratti di persone che conosco, anche degli autoritratti. Sono sempre persone legate a Bologna, perché sento che la vibrazione del cuore che muove questo lavoro sia fondamentalmente legata a Bologna.
Qual è la chiave per un ritratto efficace? Cosa cerchi di catturare e rappresentare?
Per me l’importante è che lo sguardo e le proporzioni del viso siano quelle corrette. Non si tratta di ritratti realistici, non ci sono colori sfumature volumi. Si tratta di immagini bidimensionali, piatte secche. In ogni modo, fare un ritratto è come scoprire la persona, come toccarla per sentirne la consistenza, le parti convesse e quelle concave, è conoscere e riconoscere… è un lavoro bello, anche da un punto di vista sensoriale e conoscitivo.
I musicisti del jazz, per la storia di questa musica e le sue evoluzioni, sono spesso diventati delle icone del loro tempo, dei simboli eroici della musica “altra”. Penso a Miles Davis, Charlie Parker, Charles Mingus, Lewis Armostrong, ma la lista potrebbe essere molto lunga. Rappresentando gli artisti di oggi, alcuni dei quali artisti importantissimi come Enrico Rava e Ron Carter, hai sentito in qualche modo ancora attuale questo punto di vista?
Per me è stato un po’ come misurarmi con le illustrazioni jazz dei dischi anni cinquanta e sessanta, che io amo e ho sempre amato, delle immagini che erano più evocative che descrittive. In ogni modo molti degli artisti che ho ritratto, a parte la loro celebrità, sono delle facce iconiche, o quasi delle facce da fumetto. Rava di sicuro, che è poi l’ultimo che ho fatto, diciamo che me lo sono lasciata per ultimo, ha una faccia meravigliosa, e potrebbe essere un mio personaggio. E’ un viso stupendo da disegnare.
Che legame hai con la musica jazz?
Io ho ascoltato jazz da quando ero bambina, perché alle elementari mi hanno regalato un giradischi, con cui ascoltavo le canzoni dello zecchino d’oro, che però dopo un po’ mi scocciavano. Così avevo trovato a casa dei dischi di Bix Beiderbecke, Billie Holiday e altri jazzisti, anche dixieland, che sono diventati la colonna sonora della mia infanzia e adolescenza. Era un jazz molto antico, anni venti, ma tuttora è la musica che sicuramente rappresenta la mia formazione, e mi emoziona davvero tantissimo ascoltarla e riascoltarla. Un altro disco che ha segnato un lungo periodo della mia vita, e al quale sono profondamente legata, è Desafinado di Coleman Hawkins. Sono tutti dischi che se li risento inaspettatamente mi danno una sensazione profonda e fortissima.
Più in generale, la musica è per te una fonte di ispirazione nei tuoi lavori?
La musica è fondamentale per me perché disegno ascoltandola. Spesso, a seconda di quale scena sto lavorando, metto su canzoni o musiche che me ne riportino il mood. Di sicuro la mia musica preferita è il punk anni settanta, che spesso, anche ultimamente, mi ha aiutata a finire per tempo i lavori in ritardo, rendendomi accelerata anche nel disegno. I preferiti… Johnny Thunders e i New York Dolls. Nel libro della bambina filosofica NO FUTURE (anche il titolo direi che la dice lunga…) che sta per uscire per Bao Publishing, l’ultima sezione è una galleria di sedici cover punk, o quasi, rivedute e corrette dalla bambina.
E comunque mercoledì 18, alle 20.00, in occasione del BILBOlbul, al Take Five a Bologna inauguro una mostra “On crazy side of the street“, con esposizione dei ritratti e delle scritte del Jazz Festival, e un’incursione proprio della musica della bambina filosofica, che è decisamente in contrasto…
AL FESTIVAL
18 NOVEMBRE H20
INCONTRO E INAUGURAZIONE MOSTRA OFF
LA DISCOGRAFIA SEGRETA DELLA BAMBINA FILOSOFICA
TAKE FIVE GENUINE MUSIC CLUB
con VANNA VINCI
19 NOVEMBRE H18
INCONTRO
LA BAMBINA FILOSOFICA – NO FUTURE
COOP AMBASCIATORI
con VANNA VINCI
Interviene GINO SCATASTA