Ragdolls Parade: il nuovo lavoro di Bambi Kramer per la liberazione dell’immagine.
Bilbolbul 2014 offre anche negli spazi del suo Off visioni trasversali di tutto rispetto pensate per una visione lenta, a doppio ritorno. Prima e dopo il fluire di eventi del Festival.
Tra queste l’ultimo libro di Bambi Kramer presentato in un allestimento che ne svela i tagli macchinici e le trame nascoste, riportando il lavoro processuale del libro nelle mani degli spettatori che si avventureranno nelle sale della Galleria Portanova12 (via di Porta Nova 12, Bologna).
Il progetto si muove da lungo tempo nelle elaborazioni di Bambi Kramer a partire da una performance che presenta al Carnevale delle Arti di Barranquilla cui fa seguito uno dei suoi rotoli più stranianti: un vulcano, una strana isola di bambole è il regime di senso di un condor/medico della peste che tiene le redini del controllo assistito da cani e scimmiotti e tutti i consueti più o meno teneri mutanti dell’universo krameriano.
Tutte le volte che si chiude un passaggio dei molti strati di lavoro su cui Bambi si muove, la conclusione è una premeditata distruzione: il rotolo di disegni originali (circa sei metri in questo caso) viene fatto a pezzi e spartito tra i collezionisti, secondo una logica situazionista in cui l’opera d’arte è frutto di più separazioni e nuove organizzazioni delle immagini nello spazio della riquadratura. Il mercato dell’arte entra violentemente nell’opera tagliando quotando trasformando la merda in oro. O l’oro in merda.
Ma per fortuna la risorsa della riproducibilità rianima sempre il lavoro, come già nel suo precedente libro “Trude Rabbit”, è sempre possibile ripartire a tessere la trama a smontare e rimontare a partire dalla sua forma evanescente e digitale. Questa volta la rilettura porta a “Ragdolls Parade”, un cofanetto in edizione limitata ancora della stamperia clandestina Fortepressa, con una narrazione che è una metafora dello spazio del potere e delle forme di autorappresentazione delle classi. Specchio di una lotta di classe sfilacciata e antica, danzato al tempo di antichi spartiti di Ragtime. Prima del jazz era appunto il Ragtime, musica stracciata e stracciona, da bordello, che trasforma i ritmi sincopati delle cerimonie funebri afroamericane. Una musica composta e interpretata esprimendo e ritmando il contratto illegale delle orge della borghesia a spese dei corpi del proletariato. Ecco il Ragtime è la trascrizione perfetta in suono del lavoro che questo libro fa con le immagini o meglio proprio con la stessa nozione di immagine.
C’è una classe di bambole strappate in parata che in questo allestimento rimette nuovamente in moto il processo: i pezzi sono esposti per una libera ricomposizione assieme a tutto il marasma di tracce del percorso, segni disegni e lastre sovrastampate, per creare nuovi quadri e nuove opere d’arte che contribuiscano nello stesso tempo a “liberare lo spettatore e l’immagine stessa” come diceva Deleuze.
Quando parlava di coupure, di taglio come modo per definire un continuo, Deleuze faceva riferimento al matematico Dedekind e all’idea che essenzialmente tagliare è dividere in due classi, una superiore ed una inferiore, di volta in volta diverse come senso e posizione.
Ora, diceva nelle sue lezioni, questo taglio può essere razionale, connesso con il senso della classe che crea e del frammento di continuo che evidenzia, determinando un inizio o una fine.
O può essere irrazionale, fuori da tutte e due le classi create, lasciando in sospeso criticamente la sequenza. Creando uno ‘scatenamento’, una sconnessione nel procedere cui sia possibile attribuire senso, determina un attraversamento e di nuovo torna a definire un continuo.
Cosa che succede anche in questa narrazione della Parade che fluisce: tutti i tagli del flusso del rotolo che Bambi Kramer produce ora diventano microtagli e generano pupazzi di stracci (ragdolls letteralmente) che vengono scomposti dal regno, dal sistema di controllo che regge il segno e la narrazione, e a loro volta irrazionalmente dividono il re che è destrutturato in pezzi, ma con tutto il potere di recupero del capitale torna dopo il falso the end, in boa di piume, a salutare il pubblico. È questo il segreto ‘politico‘ del progetto, del racconto, nascosto in un ritmo sincopato e gracchiante.
AL FESTIVAL
RAGDOLLS/IN PRINTING