Il viaggio ai margini di Chieregato e Setola
Difficile ripercorrere per filo e per segno la genesi di racconti realizzati nell’arco di 8-9 anni, con tutta la vita e l’evoluzione stilistica che c’è in mezzo. In ogni caso, è quanto hanno fatto Edo Chieregato (sceneggiatore) e Michelangelo Setola (disegnatore) nell’incontro di presentazione di Dormire nel fango (Canicola Edizioni) alla Libreria Feltrinelli di Bologna.
L’opera si compone di cinque storie, brevi e meno brevi, pubblicate in precedenza sulla rivista Canicola o su altre riviste straniere. Sono episodi di difficile classificazione, che poco si uniformano a modelli prestabiliti e tendono a raccontare le periferie, le province, le vite ai margini: una marginalità non solo geografica ma anche esistenziale, tra bambini, bulli, motociclisti e animali. I contesti e le atmosfere assumono uno sguardo quasi pasoliniano, come afferma Domenico Rosa, chiamato a moderare l’incontro. Questi frammenti di vita si muovono tra il reale, l’iperrealistico e il surreale, cercando di non perdere uno stile di fondo personale e autoriale e una certa uniformità.
Inevitabile introdurre la serie di domande agli autori chiedendo se la percezione delle storie da parte degli stessi sia mutata o meno, ora che le storie sono raccolte in un unico volume, rispetto a quando erano entità separate e sparse. Questa operazione è stata, a detta di Chieregato, comparabile a quanto fatto con Giacomo Monti (autore di Nessuno mi farà del male, da cui Gipi ha tratto il suo lungometraggio L’ultimo terrestre): la pubblicazione di vari suoi racconti in un volume unico ha permesso di esaltare al meglio la sua cifra stilistica. Anche nel caso di Dormire nel fango, come accennato all’inizio, è possibile apprezzare differenze tra le varie storie in quanto concepite in tempi e per motivazioni diverse.
Ad esempio, i racconti meno recenti nascevano da sceneggiature poco dettagliate, al contrario di altri come Io sono pianto che contengono scene descritte già da Chieregato in maniera precisa. Sul fronte dei disegni, se prima Setola utilizzava una matita morbida, in Musi di camion (ultima storia del volume) tratteggia su poliestere, ottenendo un segno netto, scuro e filiforme, che non sgrana.
Andando avanti nell’analizzare il processo creativo, si passa a parlare del connubio tra gli autori. Una volta che i testi passavano in mano a Michelangelo Setola, il tutto veniva visualizzato quasi già “in bella”, spesso senza essere preceduto da uno storyboard. A volte, Setola ha effettuato aggiunte, variazioni, cambi di regia, al punto che lo stesso Chieregato ammette che solo 5-6 vignette in tutto il libro dovevano per forza essere come le aveva in mente lui, chiare e definite, mentre per il resto la regia era praticamente in mano a Setola. Tutto ciò poteva avvenire unicamente nell’ambito di un confronto molto organico. Di certo, l’amicizia forte nata tra i due e il conseguente vissuto comune hanno influito nel creare una sorta di linguaggio condiviso, una sintonia, al punto che, fa notare Domenico Rosa, le storie sembrano quasi scritte e disegnate dalla stessa persona. Chieregato ammette che non gli sarebbe facile immaginare queste storie disegnate da qualcuno che non sia Michelangelo Setola, autore dotato di una forza visionaria non indifferente.
Appositamente per questo volume, Setola ha poi realizzato delle doppie splash page di raccordo tra una storia e l’altra, una sorta di intersezione che raffigura sia alcuni personaggi del racconto precedente che altri del racconto successivo.
Gli autori si sono posti con uno spirito alquanto sperimentale, con una grossa attenzione ai dettagli e alle tecniche narrative, evocando più che esplicitare. Dal punto di vista dei testi e della visionarietà, sono sovente presenti immagini molto cinematografiche, particolari spesso solo accennati. Setola ammette di essere nato come illustratore, poi “prestato” al fumetto, medium in cui cerca sempre di non tralasciare la fluidità della lettura a favore dell’eccessiva attenzione per piccoli dettagli che inficerebbero troppo la comprensione globale.
Dormire nel fango, storia che dà il titolo al volume, è stata realizzata per commissione per una rivista tedesca; nata quasi per caso, si sviluppa intorno al nucleo tematico dell’interiorità e all’immagine di un dentista che ha una casa su un albero. Contiene una delle scene più surreali del volume, con un personaggio che si trova all’interno di un dente cariato (la vignetta viene spiegata da Setola come una sintesi fisica dell’interiorizzazione del dolore, della paura).
Nel racconto seguente, Io sono pianto, emerge invece la passione di Chieregato per le moto e lo sport: ne è protagonista un campione di speedway. Il tema di fondo è però la relatività della paura, quella paura che riesce ad attanagliare anche chi vive in maniera spericolata (il titolo di lavorazione della storia era La paura mangia l’anima).
In ogni caso, quasi tutti i racconti sono “senza respiro”, “compressi”, tranne l’ultima storia (Musi di camion) che contiene una sequenza piena di oggetti, luoghi, serbatoi d’acqua, sequenza che aiuta a dilatare la scena, con elementi ispirati alle foto di oggetti industriali realizzate dai coniugi Becker. Musi di camion racconta l’opposizione tra la natura e la macchina, con una tigre (che qui rappresenta la forza della natura) che a un certo punto “guarda nell’obbiettivo”, osserva cioè il lettore quasi a chiedergli di prendere posizione nel “conflitto” in atto.
DURANTE IL FESTIVAL:
MICHELANGELO SETOLA – DORMIRE NEL FANGO – 22 FEBBRAIO/29 MARZO – SPAZIO &
inaugurazione con l’autore – 23 febbraio • H 16