Alessandro Baronciani presenta Resina e Incubo alla balena
Nate in seno al corso di fumetti tenuto da Alessandro Baronciani, Resina e Incubo alla balena sono due piccole ma vitali realtà gestite dagli studenti. Ne abbiamo discusso con il “prof” Baronciani.
Le scuole di fumetto e anche le fanzine hanno un rapporto strettissimo con il luogo e il tessuto sociale in cui nascono. D’altra parte anche nei tuoi fumetti Urbino e la sua gente sono spesso protagonisti. Che Urbino emerge da queste fanzine?
I fumetti nati dal corso e raccolte nelle tre fanzine, Abitato, Case e Scampestre, sono tutte storie disegnate e raccontate da ragazzi che vivono e studiano e lavorano tra Pesaro e Urbino. Ovviamente la Scuola d’Arte, ora Liceo di Urbino “Scuola del Libro” che è sempre stata tradizionalmente all’avanguardia è stata la prima a recepire quanto potesse essere importante raccontare a fumetti il proprio territorio, e infatti la partecipazione degli studenti è stata notevole e, accesa la fiamma, dalla esperienza prodotta grazie ad Hamelin e all’Unione dei comuni di Pian Del Bruscolo, hanno pensato subito di autoprodursene una in proprio, così è nata Resina. Non esce soltanto Urbino da questi racconti, ma quasi tutte le città che compongono la provincia e oltre. Al corso partecipavano persone che arrivavano da quasi sessanta chilometri di lontananza: dal Piobbico a Rimini Miramare.
Allargando, come vedono l’Italia questi giovani fumettisti che sono cresciuti in una città che per forza di cose potremo definire provinciale?
Ci sono tante storie disegnate in questi tre anni raccolte in giro dai ragazzi di questa provincia italiana. Dall’ossessione ironica di vivere in una città in mezzo alle montagne che ti impedisce di vedere l’orizzonte alla banalità avventurosa di un sabato sera passato con gli amici a cercare impronte di cinghiale in mezzo ai boschi; dai noiosi discorsi catturati in corriera mentre si guarda il panorama agli incontri romantici sotto la neve per citarne alcuni. Tutti quanti disegnati con l’urgenza di aver qualcosa da raccontare che se ne frega dell’aspetto formale delle cose. Una cosa che mi ha colpito è stato vedere come in ogni edizione delle fanzine usciva sempre fuori un racconto di guerra. Come sia ancora evidente tra le persone di un territorio un evento catastrofico come la seconda Guerra Mondiale nei racconti tramandati dai nonni o dalle leggende paesane. Quasi di più di una recente inondazione o terremoto.
Quali sono stati i criteri per scegliere gli studenti che avrebbero poi partecipato alle fanzine?
Il corso era libero e tutti quelli che partecipavano dovevano realizzare una storia a fumetti. Le tre fanzine, Abitato, Case e Scampestre realizzate in questi tre anni, nel loro piccolo, rappresentano uno ampio specchio di quello che vuol dire vivere in provincia oggi.
Il fatto che da questo corso pratico di solo sei lezioni siano poi nati gruppi di fumettisti e abbia prodotto così tanto creando nuove iniziative indipendenti mi ha fatto molto felice. Vuol dire che era nell’aria e Hamelin e l’Unione dei Cinque Comuni hanno fatto bene a crederci per tutti questi anni.
INCUBO ALLA BALENA
Perché il formato tascabile?
Da parte del gruppo è stata una specie di sfida, una fanzine poco più grande di un iPhone, che si tiene in tasca. Non c’era niente di così piccolo nel panorama delle autoproduzioni e abbiamo potuto strappare un buon prezzo per la stampa risparmiando sulla carta.
Le storie sono state appositamente pensate e disegnate pensando a quel formato?
Sì, quando abbiamo cominciato a leggere insieme gli storyboard era già nell’aria un formato compatto!
Cosa ha ancora oggi di affascinante il genere horror per una fanzine?
Più di Horror quelli che raccontano i sette giovani fumettisti sono veri e propri incubi, cioè sogni, ma anche ricordi di infanzia di brutte esperienze o angosce quotidiani. Il primo incontro l’abbiamo fatto di notte, in un bosco, dove neanche la luce del cellulare illuminava più in là delle proprie scarpe e lì mezzo abbiamo cominciato a raccontare le nostre paure, i nostri sogni peggiori, racconti dell’orrore finché non ci spaventavamo davvero. Siamo stati al buio finché non abbiamo scambiato gli occhi fiammeggianti di Satana con le luci lontane della panda 4×4 del guardiano notturno che ci chiedeva di uscire dal parco. Perché sì; il bosco era quello del parco più grande della città ma che comunque alle due di notte è riuscito a spaventarci come quello sperduto tra le montagne di un film horror.
L’immaginario horror ha subito diversi cambiamenti dagli anni ’80 a oggi nell’accezione “popolare”, penso negli ultimi anni alla scoperta (e cannibalizzazione) del filone orientale e al proliferare del genere slasher. Che quadro esce fuori da questi racconti?
Non ne ho la ben che minima idea, Incubo alla Balena è stato un esperimento anche per me. Sono un mix tra racconto personale, paure e fiction, tra microesperienze autobiografica e romanzo di genere. Alcuni racconti sono venuti fuori episodi di vita vissuta, dal finire in coma a sei anni per esser caduta dalla bicicletta o essere picchiato e maltrattato dal fratello maggiore, altri invece sono veri e propri sogni.
La realizzazione di una storia di raccordo è tipica dei primi numeri dei Classici Disney, dove si raccordavano, a volte in modo non molto coerente, le varie storie. E’ da questo spunto iniziale che arriva l’idea? O altrimenti cosa l’ha ispirata?
Questa idea è nata per caso, io non volevo mettere una storia insieme alle altre, volevo soltanto presentarle. Quindi mi sono venute in mente i primi volumi dei Classici Disney dove c’erano raccordi tra un episodio e l’altro. Nelle fanzine di solito non sopporto gli editoriali scritti e il fatto che spesso tra una storia e l’altra non ci sia niente, neanche un titolo o un foglio bianco. Quando poi ti capita un numero a caso e non c’è una trama da seguire ma soltanto delle belle immagini si ha l’impressione di non leggere niente e di sfogliare un interessante catalogo. Se è una rivista a fumetti tutto deve essere a fumetti anche gli editoriali. Così per caso ho iniziato a pensare a due semplici pagine di raccordo tra una storia e l’altra e di usarle come presentazione. Quando abbiamo deciso il titolo della rivista è stato tutto molto facile, la nuvola balena è qualcosa che sta in alto, sospesa tra tutte le altre storie, è un baloon nero, ricorda il Babau di Buzzati va in mille direzioni e tutte le direzioni sono possibili solo se stanno nel cielo.
RESINA
Cosa accomuna gli autori di Resina, stili e sensibilità spesso così diversi?
Resina è nata il secondo anno del corso a fumetti. Il primo giorno si ripresentarono tutti quelli che avevano frequentato le lezioni l’anno prima chiedendomi se potevano seguire di nuovo. Dissi a tutti quanti che quello che avevo raccontato loro era tutto, non avevo cose nuove da dire e conclusi che se volevano potevano stupirmi. così si sono creati la loro fanzine tutta da soli, impaginando cercando disegnatori all’interno della Scuola del Libro, autotassandosi, autoproducendosi e stampato una fanzine di oltre 200 pagine. Anzi una doppia fanzine perché il primo numero uscì in due parti.
E cosa accomuna le storie all’interno della fanzine? Esiste una linea comune che guida i loro fumetti?
Passato il momento delle superiori, finite le scuole il gruppo di Resina si è riformato e ridotto di partecipanti. L’idea all’inizio è stata quella di raccontare storie che parlavano del territorio e di quello che succedeva intorno a loro ma soprattutto la sfida in questo caso è stata quella di provare a disegnare una storia a fumetti a puntate. Uno dei problemi delle fanzine spesso sono le storie che ci sono soltanto storie brevi; mentre quelli di Resina da subito si sono voluti concentrare sul racconto lungo, così da avere un giorno un possibile libro da pubblicare.
Quanto questa esperienza sta facendo crescere il gruppo?
Dal primo numero il gruppo ha fatto veramente dei passi in avanti. Come gruppo sono riusciti bene nel compito di dividersi i ruoli secondo le capacità. Dal gestire le consegne e organizzarsi tra stampa ed eventi. In due anni hanno fatto quasi tutti i festival di fumetto in Italia, da quelli piccoli a quelli piccolissimi maturando esperienza e mostre, e arrivando quest’anno come ospiti a Cesena Comics e oggi con una loro personale a BilBolbul 2012.
Avevo letto che Resina era da intendersi come un progetto a termine, o quantomeno ipotizzato fino al quarto numero. Cosa ci sarà dopo di questo? La fanzine continuerà con questo nome, formato, con questa squadra?
Questo bisognerà chiederlo direttamente agli interessati. Posso dirti però che all’inizio, quando le riunioni si facevano in estate davanti alla gelateria del teatro, pensare di fare quattro numeri con una storia a puntate per dieci pagine ad autore sembrava già molto bello e anche molto ambizioso. Sono arrivati a metà strada pubblicando il secondo numero e già hanno coinvolto altri fumettisti come Giulia Sagramola e Tuono pettinato in un spin-off ironico chiamato Presina.
AL FESTIVAL:
2 MARZO
TRE ANNI DI STORIE A FUMETTI
H 16.30
INCONTRO
TRE ANNI DI STORIE A FUMETTI
MODO INFOSHOP
CON ALESSANDRO BARONCIANI
Da “Resina” a “Scampestre”, tre anni di workshop a fumetti con alcuni studenti della Scuola del Libro di Urbino guidati da Alessandro Baronciani. Un incontro per raccontare le realtà più giovani del fumetto indipendente italiano.