RIPROPOSTA: un segno (in)Delebile

RIPROPOSTA: un segno (in)Delebile

Ci deve essere una colonna sonora che guida ogni storia, dall’inizio alla fine, una canzone unica, una melodia, una gamma cromatica, che non può esistere da sola, ma che necessita del brano successivo, del colore suo complementare, dell’ altro, del vicino. Una composizione, una conversazione a più voci, forse la più antica del mondo, quella del segno, qualunque esso sia, basta che comunichi, che rappresenti.
La forza di Delebile, gruppo di giovani illustratori e fumettisti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, risiede proprio nella capacità di raccontare con il segno, un segno che strappa i confini della vignetta, che diventa parola, esplosione di colore, percorso monocromatico, linguaggio simbolico.
In questa giovane realtà, che tanto mi ha colpita per il coraggio di liberarsi dai canoni entro i quali tutt’oggi, ancora, il fumetto è relegato, ho ritrovato echi di altri giovani autori, che partendo proprio da esperienze di autoproduzione, si sono imposti all’ attenzione del pubblico.
Un anno fa, quasi per caso, fra le pagine di Scuola di Fumetto, assistevo ai primi passi di questo cammino, in una storia di quattro tavole intitolata “C.” di Bianca Bagnarelli; oggi sorrido pensando che C. è uscito dalle pagine di una rivista, per costruirne una nuova; e allora, ho deciso di esplorare a fondo questa nascita, con una piccola intervista.


Per cominciare, come vi siete conosciuti, cosa vi ha fatto sentire uniti in questo percorso che dura, ormai da quasi un anno?
Delebile è nato, in maniera non particolarmente organizzata, durante lo scorso festival BilBolBul; un po’ per caso, un po’ dal desiderio di prendere in mano in modo autonomo il nostro approccio al mondo del fumetto.
Abbiamo avuto modo di conoscerci grazie a Sara Colaone, docente di disegno all’interno del Corso di Fumetto e Illustrazione dell’Accademia; durante i successivi eventi del festival abbiamo continuato a incrociarci e parlare, confrontarci rispetto ai nostri progetti e al senso di insoddisfazione creato dal rimanere passivi nel mondo attivo e reattivo del fumetto bolognese. Siamo arrivati a creare dei progetti comuni, che col tempo sono evoluti con naturalezza: partendo da un gruppo di lavoro, che ci portasse a produrre e condividere i nostri lavori, alla successiva collaborazione su progetti comuni, per arrivare alla creazione di qualcosa che ci permettesse di presentare il nostro operato.
Probabilmente è questo che ci tiene uniti: la consapevolezza che frequentare un corso non basta, che è necessario confrontarsi con il lavoro degli altri, per imparare ad essere critici verso il proprio, che lezioni prevalentemente teoriche non possono sostituire la pura e semplice esperienza pratica che nasce dal lavorare attivamente ad un progetto.

Quali sono gli autori che sentite più vicini, che hanno influenzato il vostro modo di narrare e quali sono le tecniche narrative che prediligete?
Avendo a che fare con un gruppo piuttosto vasto ed eterogeneo, trovare una costante a livello stilistico è piuttosto difficile.
Per quanto riguarda le influenze, più che ad un autore specifico, sarebbe più corretto rifarsi al fenomeno delle riviste: partendo da Mondo Naif per arrivare a Black, Mano e Canicola, il concetto di “rivista”, di raccolta, di più voci da un solo volume, ha accompagnato la nostra formazione. E’ da simili influenze che deriva la nostra scelta di confrontarci con la narrazione breve, fin troppo importante, ma sottovalutata in questo periodo di frenesia da graphic novel, in cui sembra che tutti abbiano un tomo di duecento pagine chiuso nel cassetto.
Soprattutto trovandosi di fronte alla nostra produzione cartacea, comunque, non possiamo negare un debito profondo proprio con Canicola, almeno per quelle che sono le scelte grafiche e di concetto: una rivista senza fronzoli o contenuti diversi dalle nostre storie, e che quindi si basa unicamente su di esse: un contenitore che lasci il minor spazio possibile a se stesso e campo libero alla narrazione e alle immagini.

Sentirsi parte di una collettività, di un gruppo, è un modo per confrontarsi con gli altri e per elaborare il proprio linguaggio. E’ interessante vedere come molti di voi lavorino insieme nella stesura di una stessa storia; questa collaborazione, questo incontro è avvenuto unicamente fra le pareti di Delebile, o alcuni di voi hanno iniziato delle collaborazioni in periodi precedenti?
Uno dei (pochi) aspetti positivi del Corso di Fumetto e Illustrazione è che può funzionare come punto di raccolta di diverse persone dagli interessi comuni. In una situazione del genere, era improbabile che Delebile fosse l’unico tentativo di creare un progetto corale.
Col tempo, alcuni hanno preso direzioni diverse, molti altri si sono arenati… probabilmente Delebile, sia per quel che riguarda la persone che attualmente lo compongono che per quanto riguarda quella che si potrebbe chiamare “linea editoriale”, è la naturale evoluzione di una necessità di un confronto, di ascoltare una voce che non sia la tua, e cercare, attraverso ciò, di crescere.

Come ha cambiato, in ognuno di voi, l’esperienza Delebile, il proprio modo di raccontare, il vostro stile grafico?
Proprio perché è nato da persone che avevano la precisa intenzione di confrontarsi, Delebile ha influenzato il percorso di ognuno di noi nel momento stesso in cui il confronto ha avuto inizio. La critica, il coinvolgimento diretto di qualcun altro nel tuo lavoro ti cambiano radicalmente.
Indicare con precisione come stili grafici o di narrazione si siano reciprocamente influenzati è più difficile, trattandosi di un processo graduale, che dopo un anno è ancora ben lungi dal concludersi.

Voi tutti provenite dall’ Accademia di Belle Arti di Bologna, forse una delle poche in Italia, dove si respira fortemente una sorta di convivenza armoniosa fra fumetto e arti visive in genere. Quanto vi sentite vicini, attratti, influenzati da altre forme di comunicazione come la pittura, la scultura, l’incisione, e quanto, allo stesso tempo lontani?
Dispiace dirlo, ma l’Accademia, a conti fatti, è poco più di un punto di ritrovo, all’interno un’istituzione del passato che arranca, per stare al passo con tempi che l’hanno abbandonata. Per quel che riguarda il nostro caso, si tratta di un certo numero di volenterosi professionisti che cerca di tirare fuori il meglio da un corso malvisto e mal supportato. Parlando di multidisciplinarietà, l’impressione è che ci si sia così impegnati a far rispettare regole vetuste da non rendersi conto delle possibilità che scivolano via dalle mani.

Il percorso di ogni disegnatore rappresenta una ricerca continua, un viaggio introspettivo dentro se’ stessi. Trovare quel linguaggio capace di rappresentarci è impresa che può costare molto tempo e sacrificio; ma, nonostante la vostra giovanissima età, noto già in voi un segno molto maturo; come è avvenuta questa ricerca quali passaggi, ostacoli, avete seguito o combattuto?
Non ci sentiamo maturi, Delebile è proprio parte di questo percorso e nasce anche per questo

Il passaggio da web a rivista cartacea non è avvenuto in maniera immediata; come avete deciso di pubblicare le vostre storie su carta?
Quella della carta è una questione molto discussa, in un momento in cui le nuove tecnologie mettono a disposizione un gran numero di possibilità. Ognuno ha una propria idea a proposito ma, come gruppo, l’opinione comune è che la carta continui a dare un senso di completezza che il web non riesce a restituire pienamente, specialmente per quel che riguarda il mezzo che abbiamo scelto. Per fare un esempio, basti pensare a come, sul web, lo studio e l’utilizzo della pagina come strumento narrativo e di regia rischi di perdersi quasi del tutto.

Avete un pubblico particolare che segue le vostre storie sul blog?
Credo sia difficile risalire al nostro esatto target digitale, e a dir la verità non ci abbiamo mai veramente provato. Al massimo, possiamo conoscere la provenienza delle nostre visite: Bologna è ampiamente in testa, seguita da insiemi meno consistenti di visite, dalle nostre città di provenienza, dove chi ci conosce ha deciso di seguire il nostro lavoro, e da qualche visitatore internazionale.

Cosa vi lega ad altre realtà indipendenti come Burp!, Trama, Teiera, con le quali, avete esposto assieme in varie occasioni? Ci sono influenze reciproche a livello di linguaggio, storie, etc.?
Ognuna delle realtà autoprodotte che si muovono in questo momento a Bologna ha un proprio stile e linguaggio, e può anche capitare che essi non siano pienamente compatibili con quelli delle altre.
Ma che progetti diversi seguano diverse strade è tutto fuorché un elemento di separazione, lontananza o inimicizia: ognuno di essi è legato agli altri dalla volontà di influenzare l’ambiente in cui si muove, di creare una realtà che possa sostenersi anche al di fuori dei grandi eventi di Bologna. In una situazione del genere, quelli che sono punti di differenza diventano punti di forza, perché ogni collaborazione crea sempre qualcosa che prima non c’era, anche a livell di spazi, di possibilità, di visibilità. È una via, forse un po’ utopistica, che trascende il progetto individuale: più siamo meglio è.

Durante l’evento BilBol BUldi quest’anno, oltre a presentare il numero 2 della vostra rivista, sarete presenti con una mostra nella sezione “mostre off”; il titolo “L’anno del Coniglio“, come nasce e come avete deciso di articolare l’esposizione?
Spiegare il perché qualcosa si chiami in un determinato modo è sempre un azzardo: si rischia di suonare pomposi, ancor più se si parla, come in questo caso, di una mostra o di un altro simile evento. Abbiamo scelto il titolo “L’Anno del Coniglio” perché ci è sembrato che, come titolo, potesse funzionare, che era adatto da più di un punto di vista.
Abbiamo impostato la mostra e il numero due della nostra rivista sui concetti di collaborazione e contaminazione, sul coinvolgere anche elementi esterni a Delebile, sul riunire insieme diverse realtà, anche perché potessero diffondersi. Partire da un numero ristretto ed espandersi, in maniera esponenziale, esplosiva, non è forse quello che, proverbialmente, distingue i conigli? Secondo il calendario cinese, poi, sono proprio i nati nell’anno del coniglio che trovano forza nel gruppo, ed è al lavoro di gruppo che sono portati, per esprimere tutte le loro potenzialità.
Era un titolo che suonava bene, e che potesse avere l’esatto significato che volevamo comunicare è stata forse più di una piacevole coincidenza.

Riferimenti:
www.delebile.com

AL FESTIVAL:
2 MARZO
H 18
INCONTRO
DELEBILE PRESENTAZIONE #3
MODO INFOSHOP
CON BIANCA BAGNARELLI, LORENZO GHETTI, UGO SCHIESARO
INTERVIENE VINCENZO FILOSA

 

 

Ci deve essere una colonna sonora che guida ogni storia, dall’inizio alla fine, una canzone unica, una melodia, una gamma cromatica, che non può esistere da sola, ma che necessita del brano successivo, del colore suo complementare, dell’ altro, del vicino.
Una composizione, una conversazione a più voci, forse la più antica del mondo, quella del segno, qualunque esso sia, basta che comunichi, che rappresenti.
La forza di Delebile, gruppo di giovani illustratori e fumettisti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, risiede proprio nella capacità di raccontare con il segno, un segno che strappa i confini della vignetta, che diventa  parola, esplosione di colore, percorso monocromatico, linguaggio simbolico.
In questa giovane realtà, che tanto mi ha colpita per il coraggio di liberarsi dai canoni entro i quali tutt’oggi, ancora, il fumetto è relegato, ho ritrovato echi di altri giovani autori, che partendo proprio da esperienze di autoproduzione, si sono imposti all’ attenzione del pubblico.
Un anno fa, quasi per caso, fra le pagine di Scuola di Fumetto, assistevo ai primi passi di questo cammino, in una storia di quattro tavole intitolata “C.” di Bianca Bagnarelli; 
oggi sorrido pensando che C. è uscito dalle pagine di una rivista, per costruirne una nuova;
e allora, ho deciso di esplorare a fondo questa nascita, con una piccola intervista.
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