L’occhio attento e dissacrante di Ben Katchor

L’occhio attento e dissacrante di Ben Katchor

La conferenza principale di venerdì ha avuto come protagonista l’artista newyorkese Ben Katchor, nella stessa aula della facoltà di lettere e filosofia che il giorno precedente aveva ospitato Josè Munoz.
Al dibattito vero e proprio che è servito a conoscere meglio l’autore e la sua attività artistica che coinvolge sia il teatro che il fumetto, Katchor ha alternato la lettura di brevi racconti illustrati, le cui vignette scorrevano sulla parete scanditi dalla sua voce profonda e apparentemente, solo apparentemente, fredda. Erano piccoli racconti a prima vista paradossali, piccole parabole della vita di città. Città, uomini, scorrere del tempo, questo è ciò che Katchor osserva e racconta con fare distaccato ma consapevole. E’ proprio la sua caratteristica di grande osservatore dell’umanità che abbiamo avuto modo di notare, sia durante la conferenza che più tardi, quando ci ha concesso un’intervista, in cui ci ha parlato della sua visione del fumetto, del rapporto del fumetto con i bambini, e della sua visione di New York come grande scenario di una commedia umana in continuo movimento.
Abbiamo incontrato Katchor alla presentazione di Igort del libro Parola di Chandler, mentre Ben osservava incuriosito domandandosi perché gli italiani fossero così affascinati dai racconti americani polizieschi e perché a loro volta gli americani siano affascinati dalla mafia. Katchor è un artista attento, che scruta l’umanità da una posizione apparentemente defilata, e la ne racconta alcuni curiosi aspetti nelle sue storie. Ce lo ha dimostrato anche più tardi a cena, quando a una tavolata ben assortita tra redattori de LoSpazioBianco, l’autore belga Bretch Evens e Matteo Stefanelli ha iniziato a domandare il significato della varia gestualità di noi italiani. Una parentesi molto istruttiva, che ha ribadito la grande curiosità e la capacità di osservazione di questo autore newyorkese, in un gioco di  dissertazione antropologica e linguistica spiccia e divertente. Quasi ci volesse svelare, tra un bicchiere e l’altro, da dove prende spunto per le sue storie, per i suoi personaggi.
Grazie della lezione, Ben!

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