La mano cattiva di Rocco Lombardi

La mano cattiva di Rocco Lombardi

Il tuo approccio al fumetto è stato sempre molto libero, “punk” come le iniziative che segui tutt’ora, come Lamette. Da dove nasce questa tua identità?
La libertà nell’approccio sta nelle cose naturalmente. Il problema è quanto quello che fai sia vendibile. Qui entra in gioco l’autoproduzione che soddisfa pienamente l’urgenza comunicativa, che spesso e volentieri non incontra delle possibilità commerciali del proprio prodotto. Dal punk, soprattutto quello italiano, ho potuto digerire le pratiche dell’autoproduzione e dell’autogestione. C’è molta libertà in tutto questo anche se non sempre sinonimo di qualità.

Il tuo è un segno che sa trovare diversi modi di esprimersi, da quello più graffiato e rabbioso ad altri più morbidi e immediati. Quanta ricerca c’è nel tuo disegno?
Alla base è rimasta una voglia di imparare, provare le tecniche diverse e accostarle ad un messaggio diverso. Tutt’ora non so dire cosa prediligo e vorrei avere un tratto che condensi insieme tutte le possibilità che mi interessano. Deve ancora venire però.

Questa ricerca vale anche per l’approccio alla narrazione, allo stile di scrittura?
Credo di no. Per la scrittura penso che sia ancora l’emotività a farla da padrone.

Lamette, Giuda: quanto sono importanti spazi liberi di espressione come questi? Il loro valore sa essere maggiore della somma dei singoli autori, e perché?
Continuano ad essere importanti perché testimoni di pratiche di libertà e non ultimo la non esaurita capacità di tessere reti e rapporti. Per i singoli autori è sempre fruttuoso far parte di un gruppo. Se poi alla base del progetto c’è qualcuno che riesce a star dietro a tutte le fasi di realizzazione e promozione del prodotto del gruppo allora i singoli hanno davvero da guadagnarne. Questo succede ancora sia per Giuda che per Lamette.

Veniamo alla tua presenza a Bilbolbul: hai collaborato direttamente all’allestimento della mostra?
La mostra è praticamente autogestita. Ho curato tutto, dall’ideazione alla ricerca del posto. Bilbolbul la sponsorizza attraverso i propri canali insieme ad altre mostre denominate “OFF”.

Con che criterio hai scelto le tavole e l’allestimento? Quale messaggio, se c’e n’è uno, volevi trasmettere?
Per l’occasione ho realizzato appositamente un libretto illustrato di 24 pagine. Ho preso il testo di un pezzo dei Frammenti (band torinese degli anni 90) che mi ha fortemente segnato e tuttora mi accompagna. Da quelle parole ho tracciato le illustrazioni incidendo pellicole di acetato nero. Letteralmente graffiate. Le altre tavole in mostra sono realizzate con la stessa tecnica che fanno da filo conduttore, oltre ad un evidente spirito emotivo comune.

Riguardando indietro, come certamente un’occasione come una mostra porta a fare, hai tratto qualche consuntivo della tua carriera? Uno sguardo generale ti ha dato un altro punto di vista sul tuo passato artistico o nuovi stimoli per il futuro?
In questi lavori soprattutto per la tecnica vedo la forte volontà di far emergere la luce. Si parte da una superficie nera opaca che appare impenetrabile. Eppure è facilmente scalfibile e ne esce una luce fortissima. Per quanto tu la graffi il nero appare sempre dominante. Mi piace pensare che questa pratica mi avvicini alla luce, che sia un passaggio, che arrivi finalmente a qualcosa che sia liberatorio in maniera definitiva. Per il futuro la luce quindi e la capacità di raccontarla in modo sempre meno contorto e spontaneo…

Riferimenti:
www.lalberosfregiato.blogspot.com

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