Igort, l’esercizio della memoria

Igort, l’esercizio della memoria

La memoria è un esercizio difficile. Già per i singoli, figuriamoci per i popoli. Forse per questo motivo, pochi la coltivano.
Per fortuna qualcuno lo fa, a fumetti: Igort lavora da sempre sulla memoria e sul mito, due direttrici fondamentali della sua opera. Aggiungiamo a queste il viaggio, esperienza di vita che facilmente (?) si trasforma in racconto, arte.

Igor Tuveri, da Cagliari, ha portato storie e disegni in giro per il mondo: dalla Sardegna al Continente, Francia, Giappone e ritorno. Sono solo alcune delle tappe di un viaggiautore, timbri sul passaporto che si aggiungono a quelli di paesi fiction che non si trovano sul planisfero geopolitico (Papassinas, Fafifurnia…): frutto di viaggi diventati memoria e trasfigurati nel mito.

Così non stupisce che, in arrivo, ci sia un nuovo (doppio) libro nato dal viaggio. Che in questo caso, sono parole di Igort, “si è trasformato in soggiorno, e poi in un altra trasferta organizzata, tutto per capire. Per un anno e passa ho abitato tra Ucraina, Russia e Siberia. Ho cominciato a incontrare persone e registrare racconti di storie vissute“.
Ne è uscito – ormai siamo alle battute finali della lavorazione – quello che lui chiama “un lavoro di narrazione documentaria“, ambientato fra i paesi ex-sovietici. Comprende un lungo lavoro di preparazione, che significa in questo caso viaggio, alla scoperta di verità rimosse dalla Storia.

Holodomor. Parola ucraina, significa morte per fame indotta, carestia pilotata imposta dall’autorità sovietica staliniana, per punire i desideri autonomisti di quel popolo. Milioni (sette, dieci: le fonti non concordano, l’orrore in fondo non cambia) di persone condannate a morte lenta, atroce; la catastrofe di una nazione all’alba degli anni Trenta. Dramma ancora vivo nei ricordi di pochi testimoni. E Igort è andato, in effetti, in cerca di testimoni, di quell’olocausto e non solo. Il lavoro è quello del documentarista: “il documentario disegnato è una possibilità del linguaggio fumetto“, dichiara, e c’è da credergli.

Così, ecco: due Quaderni sovietici, quelli ucraini e quelli russi. Insieme, racconteranno “cosa è stato, come è stato vissuto il sogno comunista dalla rivoluzione ai giorni nostri.” Il mosaico è composto da tutte storie vere, frutto di interviste, incontri disegnati “con l’aiuto di filmati realizzati sul posto. Accompagnati dalla voce di chi ha raccontato, in text-off.

Fin qui, la forma-documentario. Poi c’è la sostanza della narrazione, composta di “cronache terribili, incredibilmente intense e piene di dolore, ironia, tragedia e commedia. Alcune cose quasi surrealiste se guardate in filigrana, ma piene di una luce intensa e dolente.” In parallelo alle storie dei singoli, documenti: i rapporti della polizia segreta, resi pubblici da pochissimo, e da Igort tradotti in disegno.

L’inchiesta storica non è un genere codificato in modo preciso all’interno del linguaggio del fumetto, per ora. Il tentativo è quello di aprire una nuova via per il graphic journalism, fenomeno essenziale degli anni Zero. Per Igort, misurarsi con il genere significa completare una bibliografia ormai vicina all’ideale di qualsiasi autore. Per riuscirci ha rivolto lo sguardo verso classici della cultura letteraria e cinematografica: ha citato Truman Capote, l’odore dell’India raccontato da Pasolini, poi Gianni Celati e Wim Wenders.

Autori che ci hanno portato in giro, non preso, come nella letteratura e nel cinema può succedere, succede spesso.  Lo stesso ha fatto Igort nella sua carriera, lo farà ancora con questi quaderni, che rischiano di essere la sua opera definitiva. Oltre che, la più drammatica.

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