Siamo una delusione anche per gli alieni…

Siamo una delusione anche per gli alieni…

Dunque sono arrivati gli alieni.
L’elemento narrativo entra con inaspettata naturalezza in un telaio di storie di squallore esistenziale,

Seguendo l’ordine di pubblicazione, si comincia con uomini che vanno a puttane. Si prosegue con storie di vicinato. Poi arrivano i tristi camerieri di una sala Bingo. Infine, sul quinto numero di Canicola, il luogo di pubblicazione delle storie di Giacomo Monti, la sorpresa. A partire dal titolo: “12/12/2012”. Per un attimo sembra di trovarsi nel film “Una giornata particolare”. L’attesa per un evento, a cui però la ragazza non partecipa. Quindi c’è un “lui” che ritorna e riprende il suo posto nel menage di coppia. E quando lo sbarco è in corso, con l’immancabile diretta televisiva, compare “l’altro”, velocemente scaricato. Mentre gli Ufo sfrecciano nel cielo, “l’altro” guarda da lontano la coppia ricomposta, con il voto rigato dalle lacrime.

Insomma, potesse cascare il mondo, ma la specie umana non si smentisce mai.

Da questo momento, gli alieni rimangono una presenza costante, silenziosa e inquietante. Il mondo va avanti. Ma ci sono anche loro. Sembrano potenti e diventano un attore competitivo in più nelle banali tresche quotidiane o comunque un costante termine di paragone.

A quale genere appartengono queste storie? All’inizio mi sembravano di critica sociale, a fare da controcanto a quelle di Alessandro Tota, sempre su Canicola. Tota più generoso nel definire i personaggi. Quelli di Monti sono invece anonimi, quasi dei manichini che si muovono in spoglie vetrine. C’è inoltre un assordante silenzio attorno alle vicende dei personaggi, come fossimo in un film privo di colonna sonora. Spesso non conosciamo i loro pensieri. Ma li possiamo facilmente intuire. Queste persone vogliono cose molto concrete. Vogliono soprattutto possedere e soddisfare. E sono disposti, per questo, ad essere posseduti e soddisfare a loro volta. Solo che quello che vorrebbero non è sempre alla portata. E’ necessario accontentarsi. E vivono umiliazioni piuttosto forti. Eppure, oltre alla costernazione per le situazioni rappresentate, ecco emergere sfumature divertenti, ironiche. Ad un certo punto si sorride, pur senza perdere di vista il senso di quanto sta succedendo. E penso che sorrida anche l’autore, forse con un pizzico di malizia, magari rivalendosi della realtà che lo circonda. Tutto ciò mi ricorda “Occhi vuoti”, lo splendido esordio di Francesco Cattani, ambientato in un grande magazzino Ikea, raccontato dal punto di vista di chi ci lavora.

Significativo che per raccontare i nostri tempi Cattani, Tota, Monti e tutti gli altri praticano costantemente il racconto breve, mentre il mondo sforna graphic novel ogni minuto.
Non è il romanzo la struttura di riferimento. Ma il racconto di un episodio. E’ la loro successione ad offrirci un affresco complessivo.

L’immagine del telaio può applicarsi anche all’appartenenza dell’autore al gruppo Canicola, che con l’omonima rivista porta avanti un discorso di ricerca e sperimentazione libero, di qualità artistica e letteraria. In questo caso, l’esistenza di un progetto, di un gruppo di lavoro, di una pubblicazione collettiva, ha consentito a Monti di appartenere ad un giocattolo ben strutturato. Da una parte, le sue storie rappresentano uno stacco piacevole, che, si potrebbe dire, riportano il lettore ad uno stato di realtà, prima e dopo storie più evocative, dai significati non sempre diretti e immediati. Dall’altro sono perfettamente integrate nel telaio grafico del progetto. Il rigore del bianco e nero e i segni che rifiutano virtuosismi e tradizionali realismi. Ogni autore ritrae e rappresenta quello che sente, inventandosi la propria cifra stilistica personale, rifiutando l’iscrizione ad una scuola autoriale predefinita.

Tutto questo è stato assemblato mediante un duplice lavoro di produzione specificatamente riservata a Canicola e di selezione di ulteriori opere. Monti può così pubblicare non solo i fumetti ma anche alcune serie di illustrazioni.

In effetti, il primo suo lavoro che ho incontrato era un’autoproduzione intitolata “Alieni”: proprio una raccolta di disegni, uno per pagina, al tratto, in bianco nero, marcati e veloci, ma senza essere schizzi. Il tema degli alieni non un semplice e piacevole espediente narrativo, ma a una vera e propria ossessione dell’autore, in grado di tradursi in una poetica da sviluppare. La raccolta pubblicata in occasione del festival BilBolbul consentirà finalmente di esaminare l’oggetto completo e trarne le conseguenze.

C’è ancora un punto da affrontare. Il segno di questi fumetti sembra modesto, tipico di chi si è improvvisato fumettista. Forse per questo, alcuni anni fa, nel tracciare un profilo dell’autore per la collettiva Futuro Anteriore, mi sono  attardato su questo aspetto, mancando l’obiettivo critico. Forse per questo ho rimosso quel breve intervento, ritrovato ora per affrontare il Monti di oggi, protagonista di questa BilBolbul.

Non c’è bisogno di giustificare questo segno, e tentare di dimostrare che in realtà l’autore sa disegnare. Piuttosto va notato innanzitutto che è adeguato al livello morale dei protagonisti. La loro caratterizzazione è volutamente limitata all’essenziale: volti minimali, tronco, braccia e gambe, vestiti semplicissimi definiti il minimo, sfondi quasi vuoti…

L’autore è invece molto accurato nell’organizzare la grafica delle tavole e il montaggio delle inquadrature. Nelle primissime storie si vedono le ingenuità dell’esordiente. Ma anche l’enfasi evidente dalla composizione delle strisce è rivelatrice della consapevolezza dell’autore, che, di episodio in episodio trova i contorni dritti delle vignette, le mezze tinte e un lettering più accurato. Rimane invece un elemento più costante l’inquadratura prevalentemente d’insieme, una sorta di campo lungo “d’appartamento”, con rari primi piani e tante figure interne. Più attenzione ai corpi che alle espressioni. E’ la situazione, il contesto, a farci capire cosa sta succedendo. Il primo piano sul viso potrebbe snaturare l’atmosfera del racconto. Addirittura, mi verrebbe da teorizzare che Monti abbia voluto dare l’idea di una telecamera nascosta sui suoi personaggi, collocata negli angoli alti delle loro stanze. Un voyeurismo tutto particolare su persone che ci sembrano sfigate, ma che sono perfettamente nella media. Con il tempo anche il montaggio diventa sempre più abile e negli episodi più recenti la sceneggiatura è decisamente più disinvolta, tutti segni di una maturità autoriale ormai pienamente acquisita.

Peccato che l’umanità non ci faccia una bella figura…

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