BilBOlbul presenta: Federico Manzone
Federico Manzone nasce a Cuneo nel 1988. Vive alcuni anni a Torino dove frequenta il corso di pittura all’Accademia di Belle Arti e fa parte del collettivo di fumettisti “Gruppo Maciste”.
Nel 2012 si trasferisce a Bologna dove frequenta il corso di Linguaggi del Fumetto all’Accademia di Belle Arti. Vince il primo premio del concorso di Flash Fumetto “Noi e gli altri”, partecipa alla Biennale del Mediterraneo ad Ancona e nel 2014 è ospite a Bordeaux per una residenza artistica. Ha partecipato con storie brevi al progetto Coppie Miste vol.2 e vol.3 del collettivo La Trama. Nel 2015 si trasferisce alcuni mesi a Istanbul dove disegna e scrive due reportage per Graphic News e una storia breve per Internazionale. A novembre è uscito il suo primo libro per Canicola, L’ultimo paese.
Quest’anno il BilBOlbul compie dieci anni. Dal tuo punto di vista, qual è stato l’apporto che ha offerto nel panorama italiano delle sempre più numerose manifestazioni dedicate al fumetto?
Quando sono stato per la prima volta al festival BilBolBul, pochi anni fa, vidi una mostra di ceramiche decorate da alcuni fumettisti, quasi tutti tra i miei preferiti. Arrivavo da 4 anni di pittura a Torino e il fumetto era una cosa che mi interessava ma ancora non avevo compreso fino in fondo le sue potenzialità espressive. Ecco, penso che BBB sia un festival che riesce davvero a mettere in mostra quel lato del linguaggio a fumetti. La sua potenza espressiva e le possibilità che può dare ad un autore un linguaggio così serenamente ibrido e libero. Penso che a volte ci sia il rischio di parlare un po’ troppo agli “addetti ai lavori”, anche se è evidente che BBB lavori verso una direzione di equilibrio tra proposta di qualità e divulgazione e ha ormai aperto una strada anche per gli altri festival italiani. Non dev’essere facile raggiungere quell’equilibrio, ma questo purtroppo dipende anche molto da una certa diseducazione del pubblico. Parlo di me qualche anno fa… ma quando vidi quelle ceramiche fui folgorato.
Vedi, BBB funziona! Poi io resto sempre dilettante e un po’ fuori dal mondo, quindi di queste cose non me ne intendo molto.
Molto spazio nel programma del BBB è dedicato all’infanzia. In che modo ti sei approcciato al fumetto, e quale credi sia la formula più adatta per far avvicinare un bambino a questa forma espressiva?
Finalmente qualcuno me lo chiede. Aspettavo da anni una scusa per raccontare questa storia. Il mio approccio è stato molto semplice. Quando ero piccino, i miei genitori mi portavano in chiesa la domenica e per evitare che passassi tutto il tempo a correre tra le panche parlando con gli sconosciuti, l’unico modo era mettermi dei fogli e dei pennarelli in mano. Io mi giravo di schiena all’altare e mi mettevo a disegnare tutto concentrato e zitto. Non penso ci sia modo migliore per avvicinare un bambino al mondo del disegno e del fumetto. Consegnargli un’ottima alternativa alle fantasie imposte dall’esterno, come la tv o la religione, o i pessimi insegnanti e permettergli di focalizzare la propria credulità verso qualcosa di creativo, personale e divertente che non li abbandonerà con le prime disillusioni adolescenziali, anzi, li aiuterà anche a tener duro. Poi, una cosa tira l’altra e un giorno leggerà Gipi. Il problema non sono i bambini, sono gli adulti che non vogliono più essere bambini. Irrecuperabili a volte.
In che modo ti sei documentato per rappresentare all’interno de L’ultimo paese i volti, i rituali e le atmosfere di un paese del Sud particolarmente verosimile?
L’ultimo paese esiste! Il libro è una storia di finzione ed è mescolato con altri elementi, ma il paese della festa dell’abete è Alessandria del Carretto. Si trova nel Pollino, in Calabria. Quasi tutto ciò che c’è nel libro esiste, è esistito o è stato già raccontato. Anche nel libro non c’è niente di nuovo sotto il sole. Diciamo che due libri mi hanno influenzato per quanto riguarda il discorso sul Sacro e sono Il Kohèlet tradotto da Erri De Luca, da cui arrivano gran parte delle voci fuori campo, e “Orme del Sacro” di Umberto Galimberti. Per quanto riguarda invece i visi, i paesaggi e le atmosfere, sono stati essenziali i documentari di Vittorio De Seta e le ricerche di Ernesto De Martino. E poi, ad un certo punto sono riuscito ad andare di persona in quei luoghi e ospite di Paolo Napoli ho avuto l’opportunità di vivere la festa dell’abete, con la sua discesa, i botti, le suonate, le bevute e poi l’incanto, la squadratura e la salita. Ho visto quei luoghi che sono rimasti come nei documentari e come me il immaginavo. La conservazione di questi riti ancestrali in certi paesini, a volte surreali e incomprensibili agli occhi di un forestiero, è forse uno dei pochi lati positivi di esser stati “dimenticati” dal resto del mondo. Ma è un momento storico in cui molti si stanno accorgendo che qualcosa manca, e che lì si può ritrovare. Non penso sia un caso che un fumettista come me sia finito all’ultimo paese.
Sei presente a BilBOlbul con una mostra dedicata all’opera. Come sono state scelte le tavole e come è nato l’allestimento?
Questa mostra sarà prima di tutto una festa. Almeno l’inaugurazione, che si terrà il 26 Novembre alle 22 all’Altro Spazio in via Nazario Sauro 24f.
Le tavole saranno esposte in due dei tre spazi espositivi e saranno suddivise per “tematiche” o scene. Ci sarà una sala dedicata al mondo del libro, al documentario “I Dimenticati” di Vittorio De Seta da cui è nata tutta la mia ricerca. Poi una sala con le tavole più evocative e magiche, quelle dove il “Sacro” interrompe il tempo dell’utile, vigilate dal pulcinella bello di Alessandria del Carretto. E poi una sala con le scene della festa dell’abete e della vita rurale dei protagonisti. Il tutto condito con installazioni, e altre cose che non vi dico. C’è voluto un po’ di tempo e tanto aiuto per allestire il tutto. L’idea è quella di catapultare il visitatore all’interno della storia, senza mezzi termini. E come il libro, anche la mostra inizia in salita.
AL FESTIVAL
L’ULTIMO PAESE
L’ALTRO SPAZIO
Sabato 26 novembre h22
Domenica 27 novembre h14, ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BOLOGNA – AULA MAGNA
Canicola, Accademia di Belle Arti di Bologna