Oesterheld come un personaggio di Oesterheld
Oesterheld come un personaggio di Oesterheld
a cura di Giovanni Scanzo e ProGlo Edizioni
Scrivere di Hector German Oesterheld è contemporaneamente facile e difficile. Facile in quanto, dato lo status assunto dall’autore, c’è veramente molto da dire, difficile perché bisogna estrarre qualcosa di sensato dal mare di cose da dire, e perché è arduo esporre qualcosa di almeno relativamente nuovo, qualcosa che si discosti dall’articolo elogiativo standard per lo scrittore che troppo spesso è “quello dell’Eternauta”.
E io ho la disgrazia di essere ambizioso (fallendo spesso, quindi aspettatevi un delirio insensato).
Oesterheld è, dicevamo, un mito. Non che non lo meriti: è uno dei pochi autori che, nel mondo del fumetto, può essere considerato uno spartiacque, una netta divisione fra un “prima di” e un “dopo di”. In questo caso, per quanto riguarda la concezione dei testi e dei contenuti.
Ma partiamo da lontano e con una frase criptica: “grigio” non è un’offesa.
Mi spiego: semplicisticamente parlando esiste (ed era comunissimo all’epoca in cui Oesterheld lavorava) un genere di storia che potremmo chiamare (così come faceva l’autore) “bianca”. È quella “vecchio stile”, manichea, con l’eroe nobile, buono e bello da una parte e il malvagio dall’altra. C’è poi la storia “nera” che, nella sua forma stereotipata, quando lo stile viene sopraffatto da considerazioni di genere, può essere considerata una reazione e un’inversione rispetto alla precedente. Così il criminale assume tratti di nobiltà, una sua etica, e il bianco cavaliere ha più di qualche macchia sulla sua armatura. Ma una certa forma di manicheismo rimane, sia pure con polarità opposta.
E poi c’è la storia più difficile da fare, quella che Oesterheld ha mostrato possibile anche nel fumetto, la cui diffusione ha caldeggiato sia con l’esempio, sia esplicitamente: la storia “grigia”, quella davvero difficile da scrivere in quanto bisogna parlare di persone, gli eroi si dimostrano tali in seguito all’evento e non lo sono per assunzione, si arriva a comprendere che anche il nemico è un essere umano e non sempre le cose vanno bene.
È, per rubare le parole a Juan Sasturain, un Giovanni decisamente più esperto e preparato di me, la storia che comincia con la normalità e che racconta di gente normale fin quando l’avventura reclama, e allora essere eroi diventa una scelta fra continuare a vivere la propria routine, tapparsi occhi e orecchie, o ridiscutere le fondamenta della propria esistenza: essere eroi diventa una questione etica.
È uno spartiacque narrativo importante e far assurgere l’autore che ne è responsabile al rango di vera e propria leggenda ne è una logica conseguenza.
È del tutto naturale che il personaggio leggendario si sia andato a fondere con la persona reale, e questo ci lascia di fronte a due strade: scindere le due immagini e ritrovare la persona reale oppure lasciarci andare alla corrente e goderci il fascino del personaggio.
E a questo punto perché non percorrere la seconda via fino in fondo? Del resto la vita di Oesterheld è stata scritta da Oesterheld stesso…
L’avventura, dicevamo, è totalizzante: è l’evento che ti fa mettere in discussione ciò che sei stato fino a quel momento, che ti fa chiedere se puoi e vuoi cambiare le cose. E allora capita che sei un sergente della cavalleria degli Stati Uniti d’America e capisci che quelli che stai ammazzando, i “selvaggi”, sono uomini come te e che forse stai sbagliando tutto. E l’unica cosa che ti viene in mente, per cambiare le cose, è lasciare la tua carriera, accettare il disonore che segue una diserzione e mollare tutto per passare dall’altra parte, non fosse altro che per riequilibrare sia pure infinitesimalmente le forze, anche se forse è troppo tardi. Oppure è il 1957 e sai che il medium in cui stai lavorando è pronto per qualcosa di più che storie semplicistiche è manichee, che non è neanche una questione di “fare roba da adulti” o cose del genere, ma che semplicemente si può scrivere qualcosa di più complesso e articolato, non c’è bisogno di riscoprire la ruota a ogni storia. E sai che il lavoro che stai facendo adesso è di sicuro successo e redditizio, ma per spingerti dove vuoi tu ti tocca navigare in acque più profonde e agitate, perché la mancanza di coordinate sicure è il rischio e il prezzo della libertà. E allora divorzi consensualmente da Cesare Civita, il padrone dell’Editorial Abril con cui hai lavorato fino allora, e gli lasci Bull Rockett, il vero e proprio blockbuster della casa editrice e il personaggio più famoso che stai scrivendo, pur di portarti via il Sergente Kirk, che è meno “bianco” e ingessato e ti garantisce un ampio margine di miglioramento, e decidi di autoprodurti. La tua Editorial Frontera fallirà per colpa della disonestà del tipografo e perché non riesci a star dietro alle responsabilità di editore e quelle di scrittore assieme, ma intanto saranno usciti il miglior periodo del Sergente Kirk, Ernie Pike, Patria Vieja, Sherlock Time, Ticonderoga, Randall e L’Eternauta, e avrai cambiato per sempre il volto del fumetto del tuo paese.
L’eroismo è una questione etica, è dovuto alla tua sensibilità umana in rapporto al mondo che ti circonda. Così capita che sei un vecchio antiquario e inizi a pensare che c’è qualcosa che non va. Che le voci che senti o le cose che vedi non sono indice del fatto che sei malato o sbagliato, ma che è il mondo che non gira nel modo giusto. E benché tu sia vecchio e lento e debole e i tuoi avversari siano forti e organizzati e determinati nella loro volontà di controllare tutto, ti metti a disposizione e dai il tuo piccolo contributo, perché la tua briciola potrebbe essere determinante. Anche se la tua decisione ti porta a rischiare la tua vita o, peggio ancora, la tua mente. Oppure sono i primi anni Settanta e, visto che le tue figlie hanno iniziato a simpatizzare per la Gioventù Peronista, ti ci sei avvicinato anche tu, con un misto di prudenza e curiosità. E, man mano che vedi peggiorare la situazione politica e sociale del tuo paese, inizi a sentirti preso in causa e continui a seguire quel percorso che dall’umanesimo relativamente ottimista del tuo primo Eternauta ti aveva portato all’amara diffidenza della versione che nel ’69 scrivesti per Breccia, fino a legarti all’ala rivoluzionaria del movimento peronista, i Montoneros. E nonostante la tua Vida del Che ti avesse già procurato qualche guaio, non esiti a pubblicare storie dal contenuto politico ancora più radicale sulle riviste del tuo movimento, fino ad arrivare a lavorare in clandestinità. E a chi ti chiede perché esporsi così a oltre sessant’anni d’età rispondi che siamo tutti responsabili della qualità della nostra vita, e che, alla fine, qualcuno deve pur farlo.
Prima arriva l’evento e poi l’uomo si scopre eroe. Non c’è il designato, il prescelto: l’avventura sconvolge la normalità, alle volte in maniera atrocemente crudele, e solo allora si scopre la propria tempra. E allora sei il titolare di una piccola azienda, è sera e stai giocando a carte coi tuoi amici, mentre un pullman sferragliante torna al deposito e una coppietta cerca riparo dal freddo. Fin quando se ne va la luce e una nevicata spettrale uccide tutti quelli che investe. È l’inizio della più sconvolgente invasione della storia del fumetto mondiale e tu sei un uomo piccolo e di poche risorse. Eppure combatterai per difendere la tua casa e le persone che ami, anche se il nemico è fortissimo, invincibile e si porterà via troppe vite e la dignità di troppi uomini, ma non la tua. Oppure è la fine dell’Aprile 1977 e degli sconosciuti sono venuti a prenderti e portarti in una prigione clandestina nel Camino de Cintura y avenida Richieri, dove ti incateneranno schiena contro schiena a un altro prigioniero. E ti tortureranno per conoscere l’identità e il rifugio dei tuoi compagni, confidando nella debolezza di un vecchio di quasi settant’anni, ma tu, in un modo o nell’altro, resisterai. Combatterai quest’ultima battaglia mantenendo la tua dignità d’uomo, anche se gli altri, “loro”, sono forti e potenti e spietati, e non esiteranno a metterti davanti al tuo nipotino, alla cattura dell’ultima delle tue figlie e di suo marito. Resisterai, fino alla fine, e riuscirai a salutare i tuoi compagni di prigionia a testa alta, con una stretta di mano, prima che ti facciano sparire definitivamente [1].
L’eroe è un essere umano e non sempre vince. Rubando nuovamente le parole a Sasturain: avrebbe dovuto essere di esempio a molti, invece ce l’hanno ammazzato come un cane…
[1] Testimonianza di Eduardo Arias, compagno di prigionia di Oesterheld, apparsa su Feriado Nacional n.5, 1983.