Intervista a Manuele Fior
Manuele Fior nasce a Cesena nel 1975, si laurea in architettura a Venezia nel 2000 e poi si trasferisce a Berlino dove, fino al 2005, alla professione di architetto accompagna quella di illustratore e fumettista. Nel 1994 vince il primo premio alla “Bienal do Juvenes Criadores do Mediteraneo” di Lisbona – settore fumetto.
Da allora inaugura una fitta produzione di storie corte a fumetti scritte dal fratello Daniele, apparse su Black, Bile Noire, Stripburger, Forresten, Osmosa.
Ha pubblicato le graphic novel L’Intervista – Coconinpress 2013, Cinquemila Chilometri Al Secondo – Coconinpress 2010 (Fauve d’Or – Miglior Album – Festival Internazionale di Angoulême 2011, Premio Gran Guinigi – Autore Unico, Lucca 2010), La Signorina Else – tratta dal romanzo di A. Schnitzler – Coconinopress 2009 (Prix de la ville de Genève 2009), Rosso Oltremare – Coconinopress 2006 (Premio Attilio Micheluzzi, Miglior Disegno per un Romanzo Grafico, Comicon 2006), Les Gens le Dimanche – Atrabile 2004.
Collabora con le sue illustrazioni per The New Yorker, Le Monde, Vanity Fair, Feltrinelli, Einaudi, La Repubblica, Sole 24 Ore, Edizioni EL, Fabbri, Internazionale, Il Manifesto, Rolling Stone Magazine, Les Inrocks, Nathan, Bayard, Far East Festival.
Manuele vive e lavora a Parigi.
Dopo tutti questi anni di lavoro, che rapporto hai con il medium fumetto?
In generale ho una maggiore fiducia in quello che posso fare, probabilmente anche nel mezzo in sé. Mi sembra di aver imparato qualcosa della scrittura, non ne sapevo niente quando ho iniziato questo mestiere. Penso anche che nel futuro dedicherò più tempo al fumetto e meno all’illustrazione, ho voglia di produrre di più rispetto quello che ho fatto fino ad ora.
Per il resto ogni volta che inizio un fumetto nuovo, mi sembra di ricominciare tutto dall’inizio e con questo intendo dire che sia l’entusiasmo sia la frustrazione sono quelli di sempre.
Sono molto felice che sia diventato il mio lavoro.
Com’è stata l’esperienza di crowdfunding che ha permesso di sviluppare e produrre 5 fumettisti 5? Che cosa sperate di suscitare nel pubblico italiano con questo documentario?
Questa è una domanda che bisognerebbe porre a Gabriele Orsini, il documentario è tutta colpa sua. Personalmente penso che abbia fatto un bel lavoro e che il film trascenda l’interesse per gli addetti ai lavori e intercetti dei punti più generali, sul senso di essere italiani all’estero, il ruolo di un gruppo, la storia professionale di cinque persone.
Nella presentazione del documentario dici che “la scintilla alla base di un libro è sempre un’immagine.” Che immagine c’è stata alla base de L’intervista?
La scintilla ne L’intervista è stata quelle delle stelle nel cielo notturno, che con il carboncino venivano veramente bene. Da lì ho visto un incidente d’auto e piano piano tutto il resto.
Com’è stato passare dal colore al bianco e nero? Hai incontrato delle difficoltà o per certi versi concentrarsi su una palette più limitata (per quanto le sfumature e i cambi di tratto sembrano essere, alla fine, colore) ti ha portato più vantaggi?
Le difficoltà ci sono sempre, qualsiasi tecnica si adotti. Il bianco e nero è astratto, bisogna inventarselo un po’ da soli. Soprattutto mi è riuscito difficile tornare alla linea, mi sono ritrovato a studiare di nuovo il disegno, la prospettiva, ma questa è una cosa buona. Vorrei continuare a fare altre cose in bianco e nero, ora sto facendo una storia breve per Minimum Fax ed è difficilissimo, mi incazzo ad ogni vignetta.
Come senti di essere cresciuto attraverso L’Intervista? Quale apporto ha dato al tuo modo di lavorare?
Lo reputo il mio libro più bello, anche perché è l’ultimo. Sono così legato ai suoi personaggi che ho deciso che le mie prossime storie a fumetti amplieranno quell’universo di anticipazione fantascientifica, voglio che Dora diventi un vero e propio personaggio a fumetti. Sarà la mia Valentina.
L’intervista è un lavoro ricco di suggestioni cinematografiche (alla scorsa Lucca parlasti della tua passione per Antonioni), e al Cinema Lumière sarai protagonista della rassegna “I film della mia vita”. Ti va di anticiparci qualcosa?
Abbiamo scelto alcuni dei miei film preferiti e tra questi le sequenze più significative. La selezione è rigorosamente schizofrenica, da Antonioni a Spielberg, passando per Peter Weir, Polansky ed Elio Petri.
Ne L’Intervista, Fior riparte dalla stessa Italia piovosa, dai toni cupi e dal taxi teleguidato che comparivano in uno degli ultimi episodi di 5000 km al secondo. Stavolta, però, predilige l’uso esclusivo del bianco e nero, ottenuto attraverso la china e il carboncino, sfruttando in modo pittorico una vasta gamma di grigi, che ci permettono di cogliere l’intensità degli sguardi, la sinuosità dei corpi, le trame dei vestiti nel buio della notte.
Il senso di disfacimento iniziale di Raniero lascia gradualmente spazio alla possibilità di aprirsi a nuove esperienze. La giovane Dora lo guida nella comprensione dei segnali e, da poco più che ragazzina innamorata, si evolve alla fine del volume in una narratrice onnisciente e consapevole dei cambiamenti accaduti.
Al festival
L’INTERVISTA.
STORIA DI UN FUMETTO
Come nasce un fumetto? Qual è il processo creativo che porta dalla prima idea alla graphic novel completa? Quanto tempo passa dal primo appunto all’opera finita? Di quali ispirazioni si nutre l’atto artistico di un fumettista, e quali digerisce senza che apparentemente trovino sbocco sulla pagina?
Per dare una risposta a queste domande – risposta che non può comunque far altro che rimanere sempre personalissima e unica, legata a filo strettissimo con la singola esperienza dell’autore – questa mostra ci apre le porte dello studio di Manuele Fior.
La mostra ricostruisce gli stimoli di cui si è nutrita l’immaginazione dell’autore durante la lavorazione, registrando le citazioni cinematografiche, fotografiche, architettoniche, letterarie e fumettistiche di cui è intessuta L’intervista e riportandole allo sguardo dello spettatore.
Contemporaneamente, in mostra sono esposti gli originali dell’opera, in modo che lo spettatore possa farsi un’idea dei passaggi metodologici e di natura tecnica che hanno portato dalla prima idea alla successione di tavole finite, ricostruendo il metodo di lavoro dell’artista, osservando gli appunti a bordo tavola e confrontando i materiali di lavorazione scartati con il risultato finale.