Ragdolls Parade, una “coupure” a tempo di Ragtime – Intervista a Bambi Kramer
Abbiamo analizzato Ragdolls Parede, ma alla fine dell’articolo sono rimaste molte domande aperte e altri tagli visuali sul lavoro. Qualcuna la poniamo direttamente a lei.
“Una persona è sempre un taglio [coupure] di flusso. Una persona è sempre un punto di partenza per una produzione di flusso, un punto d’arrivo per una ricezione di flusso, di un flusso di qualsiasi genere; o meglio un’intersezione di flussi molteplici. “ … flusso uguale rotolo? Dimmi Bambi come la vedi tu?
BK: Una persona è prima di tutto un intreccio, una tela o, meglio per me, un rotolo che fluisce e su cui si imprimono – codificati, interpretati, vissuti – gli eventi. Il più delle volte vorremmo essere noi la fonte di luce che genera l’impressione, altre volte sono gli avvenimenti a lasciare traccia su questa pellicola ininterrotta dove non esiste gomma né matita.
In questa continuità il taglio è sempre un inizio, un momento in cui il flusso continua, ma la mente si ferma e da ogni osservazione dà vita a qualcosa di nuovo.
Taglio come senso del tempo, del ritmo anche?
BK: Un flusso di sensazioni, pensieri e stati d’animo che si inseguono sotto forma di immagini lungo metri di carta: è la melodia base di tutto il mio lavoro, ma a scandire il tempo è sempre la distruzione creatrice che il taglio impone. Così se con Trude Rabbit avevamo frasi musicali distese, che molto lasciavano intravedere della forma originale e originaria, Ragdolls Parade ha il ritmo sincopato del collage, di una forma d’arte che tutto deve distruggere per poter creare, masticando immagini affinchè il corpo possa poi scegliere liberamente cosa trattenere, cosa restituire all’esterno e in che forma.
Occhi, braccia, lingue, piedi… tutto può essere oggetto di scambio, tutto può essere reificato e manipolato per ridefinire un’immagine di esistenza. Così la ragdoll da cumulo inanimato di stracci si trasforma in feticcio, simulacro di una vita possibile se a muoverla è la capacità (economica) di acquistare quanti più pezzi di ricambio da combinare e scambiare.
Il sistema capitalistico, ornato di piume di condor, batte il tempo scomposto del rag.
Una cosa che vorrei capire è che rapporto c’è nel tuo lavoro con la struttura della narrazione per immagini, nel tuo lavoro la closure diventa coupure, lo spazio bianco tra le immagini va cercato nella pagina, nel tempo anche, tu stai facendo sulla sequenza sul fumetto il lavoro che Cage faceva sulla musica…
BK: E’ curioso parlare di fumetto in termini di struttura – closure, sequenza, spazio bianco – dal mio punto di vista di non-autrice di fumetti, anche se nel corso del tempo ho sperimentato diverse forme di linguaggio visivo, dal montaggio video al tentativo – appunto – di realizzare fumetti che si sviluppassero secondo il classico alternarsi di pieni e di vuoti. Allora pensavo e lavoravo cercando di immaginare un a priori, una struttura mentale che mi desse modo di sapere prima di disegnare cosa andasse mostrato e cosa lasciato solo intendere, o intuire dietro quel sottile velo bianco steso tra le immagini.
Ed era lì che tutto si fermava. Scegliere cosa rendere visibile, equivaleva per me a sapere a che ritmo danzare prima di aver ascoltato la musica, e una forma di censura preventiva interrompeva il fluire della mente e della mano, inceppando l’intero meccanismo.
Ora penso e so che è possibile scandire la fluidità, incidendola e lasciando che da queste ferite fluisca altra vita, il cui corpo, senso e ritmo sono inscindibili. Il taglio è il mio spazio bianco che si apre e ricrea ininterrottamente.
Si ma questa storia che non ha parole che si può suonare e danzare ma non cantare ad un certo punto due parole le ha e dice the end. Che succede, davvero finisce in qualche modo la storia?
BK: La fine della storia è per me un’immagine del contemporaneo. Il re nudo è a sua volta una gigantesca ragdoll, scenografia montata ad arte su una struttura vecchia e vacillante, un patetico e non più onnipotente Oz sta facendo capolino da dietro la tenda.
E perde i pezzi.
Ciò che a me sembra amaramente ironico è che giunti fin qui, di questa libertà le bambole non sanno più bene che farne, e se riescono a portar via al Dottore becco e cappello non è per bruciarli su una pira catartica, ma per scioccamente adornarsene, scimmiottando un potere che ha il gusto ferroso delle catene.
AL FESTIVAL
RAGDOLLS/IN PRINTING