Convegno su Sergio Toppi. Il segno della storia
Toppi. Il segno della storia è il titolo della mostra dedicata al maestro, come anche del volume-catalogo edito da Black Velvet, che raccoglie una serie di interventi di grandi firme della critica italiana, chiamati oggi a esporre il risultato dei loro approfondimenti.
Tra gli altri, Daniele Barbieri ha esposto la duplice peculiarità delle storie di Toppi: la rapidità e la profondità.
Per rapidità si intende la concisione narrativa, la ricerca della massima capacità poetica senza perdere di sinteticità, che avvicina il narrato al mito; mito che, se soffocato dalla narrazione di più respiro perderebbe il suo fascino. Al tempo stesso all’interno del mito lo spazio/tempo assume confini propri, altri.
La profondità di Toppi viene dal suo segno, dalla ricchezza dei suoi tratteggi, che donano un’aurea di senso alle figure attraverso linee fitte e meticolose, impreziosenti. Le sue figure sono quindi pulite, lineari, e narrativamente espressive.
Barbieri analizza come la vignetta per Toppi sia spesso assente, e quando esiste lo fa nell’insieme della tavola, che diventa la vera unità narrativa. Questo significa di contro una diminuzione delle stesse unità, che al loro interno possono narrare sia micro che macro eventi: si torna quindi al concetto di rapidità e al contempo alla sospensione del tempo narrato.
Nelle opere di Toppi, le figure evadono dalla dimensione delle vignetta e invade lo spazio del lettore. In chiusura, Fornaroli evidenzia con alcuni esempi l’influenza di Toppi nel fumetto americano: da Bill Sienkiewicz in “Amore e guerra” e “Elektra: Assansins”, dove decompone lo spazio ortogonale della tavola ed erge la figura a cardine della narrazione, a Dave McKean in Arkham Asylum.