Quel metallaro di Sergio Toppi

Quel metallaro di Sergio Toppi

Introduciamo Sergio Toppi, l’artista celebrato in questa terza edizione di BilBolBul, con un interessante e  alquanto originale articolo di Fabrizio Lo Bianco, l’autore di Sergio Toppi – Nero su Bianco con Eccezioni

sergio_toppi_illustrazione_per_il_millimetro_1993O di arte, Black Sabbath e sberle
di Fabrizio Lo Bianco

Ho la fortuna di conoscere Sergio Toppi da quindici anni e il privilegio di essergli amico. Quando ho l’opportunità di scrivere un articolo su di lui e sulla sua opera devo sempre sforzarmi di prescindere da questo rapporto d’amicizia e dalla stima nei suoi confronti per poter scrivere in maniera distaccata una recensione. È difficile, ma cerco di attenermi a un minimo di deontologia professionale. Tuttavia non è questo a mettermi in apprensione quando scrivo di Sergio Toppi. È piuttosto il fatto di sapere che il principale critico di se stesso è proprio lui. Che poi, di riflesso, diventa anche il critico dei critici. Facciamo un esempio. Provate a chiamarlo “artista”. Vedrete se ve la farà passare liscia. Tsk, in un convegno Aldo Di Gennaro ha rischiato la pelle per questo! Oppure avventuratevi ad attribuire piani di lettura sofisticati alle sue tavole. Per aver dato un’interpretazione vagamente politica al “David e Golia”, il mitico Sergio Staino ancora porta i segni di un conflitto a fuoco. Qualsiasi divagazione interpretativa è a vostro rischio e pericolo, sappiatelo. Perché sarà pure di modesta statura fisica, ma il papà del Collezionista vi tirerà certe sberle (metaforicamente parlando, s’intende) che vi riporteranno alla cruda realtà delle cose. Toppi è infatti il più concreto dei disegnatori e in ciò che traccia sul foglio chiede che si legga niente di più di quello che traccia sul foglio. Insomma, per dirla con Magritte (mi abbasso e schivo la sberla), “questa non è una pipa”.

Ora, io sono uno di quelli che ritiene l’opera d’arte (swisssh) un’opera “aperta” che accende in noi fruitori una serie di interruttori tarati ognuno sulla cultura di cui siamo depositari. È il motivo per cui un segno di Hans Hartung ha un significato oggettivo (un gesto violento sulla tela) ma si riempie di significato a seconda di chi la osserva e ne fa esperienza.
Tutta questa pappardella per dire che l’opera di Sergio Toppi (che sia arte o artigianato a questo punto sceglietelo voi e preparatevi virilmente alla vostra razione di sberle metaforiche) va molto al di là di ciò che rappresenta e, come dice Gianni Brunoro, “titilla le sinestesie”, solletica più sensi. Uno di questi è l’udito. Come farebbe il professor Keating de “L’attimo fuggente”, anch’io (a furia di sberle mi sto montando la testa, ma tant’è) v’invito ad accostare l’orecchio a una tavola qualsiasi di Sergio Toppi e ascoltare: non sentirete forse “Carpe diem”, ma di sicuro percepirete dei suoni spesso cupi, rumori di battaglia, di obici in azione, di armature che cozzano. Osservate le figure più imponenti, totemiche, potenti che si ergono da certe tavole di “Sharaz-De” o de “La Collana di Padmasumbawa”, o persino di “Momotaro”. Questo Sergio Toppi suona come un gruppo metal dalle sonorità cadenzate e sulfuree, a metà strada tra gli Overkill di “Playing with spiders” e i Saint Vitus di “Children of Doom”, tra “Walk” dei Pantera e “Black Sabbath” del gruppo di Osbourne e Iommi. Un giorno ho provato a spiegarglielo, al Toppi, ma già sopporta a malapena il pop, men che mai il rock, figurarsi il metal. Ho rischiato sberle come se piovesse, lo ammetto, e non ritornerò con lui sull’argomento. Però per fortuna c’è Lo Spazio Bianco. E a ogni buon conto, per continuare a fare il critico mi sono iscritto a Thay Boxe.

 

sergio_toppi_gilgamesh_-_la_scala_doro_anni_50SERGIO TOPPI

6 marzo – 12 aprile

Mostra Antologica
Museo Civico Archeologico
Bologna

5 marzo 2009

Convegno
in Pinacoteca Nazionale e inaugurazione
della mostra

 

IL BLOG DI FABRIZIO LO BIANCO:
http://fabriziolobianco.blogspot.com/

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