Adriano Olivetti: tra utopie del passato e ritorni al futuro (Lucia Tarantino)

Adriano Olivetti: tra utopie del passato e ritorni al futuro (Lucia Tarantino)

È ricco di suggestioni e di riflessioni propositive, l’incontro Ricordando Adriano Olivetti tenutosi alla Libreria Feltrinelli domenica 4 marzo. È presente Marco Peroni, sceneggiatore del libro Adriano Olivetti, un secolo troppo presto, mentre a mediare c’è Renato Pallavicini. Significativa la presenza anche di Michele Fasano, regista del film documentario sull’industriale piemontese, dal titolo In me non c’è che futuro, realizzato nel 2011 e presentato in quest’occasione, parallelamente al libro, perché in collaborazione con Biografilm Festival-International Celebration of Live.

L’esperto dell’Unità presenta i due ospiti, senza rinunciare ad un breve cappello introduttivo sulla rivoluzionaria figura di Adriano Olivetti, figura emblematica e poliedrica dell’Italia di metà Novecento, banalmente riconducibile al mondo dell’industria elettronica. Pallavicini sottolinea l’estrema modernità e attualità della figura di Olivetti e delle sue idee “utopiche”, citando l’apporto rivoluzionario che il suo pensiero ebbe nella stesura di articoli costituzionali come il  41 e il 18, messi paradossalmente in discussione di recente. In seguito introduce lo scrittore Marco Peroni, membro di una band teatrale; la prima domanda vuole approfondire il rapporto tra la sua esperienza personale nel campo della musica e quella della graphic novel.

 

Peroni racconta del progetto portato avanti della sua band “Le voci del tempo” di cui è voce narrante. Il gruppo mette in scena musica e parole in un connubio divulgativo mirato al grande pubblico e alle scuole. Partito con spettacoli su cantautori, la band sta proponendo al momento le storie di sognatori italiani che hanno cambiato la penisola, tra cui Adriano Olivetti. Il fascino per il pensatore di Ivrea nasce in Peroni prima di tutto per un fatto puramente biografico: anche Peroni è nato ad Ivrea e, come tutti gli abitanti di questa terra, ha respirato sin da piccolo le suggestioni, i cambiamenti e i benefici apportati dall’acuto ingegnere. Il secondo motivo, più pensato e razionale, è l’estrema e inquietante attualità del pensiero olivettiano: la speranza di sintesi tra due mondi apparentemente inconciliabili, che si è oggi sgretolata sotto il peso della crisi provocata dall’egemonia finanziaria che Olivetti tanto eludeva.

Peroni passa poi a spiegare le difficoltà incontrate per rendere divulgativa, tramite il medium del fumetto, una personalità tanto complessa. Gli escamotage creativi sono stati due: proiettare la figura di Olivetti nel futuro di un ipotetico 2061, negli anni di un nuovo Rinascimento italiano; ideare il pretesto di una tesi di laurea di una giovane studentessa interessata ad approfondire la figura di Olivetti proponendogli un’intervista… nel futuro. Il libro parte infatti da una telefonata, quella della studentessa Miriam all’ingegnere, che le dà appuntamento sul treno che da Milano doveva condurlo in Svizzera, quello stesso treno che ospitò la sua improvvisa morte, nella solitudine fisica e metaforicamente anche sociale. Se fosse stato un film, sarebbe stato di fantascienza, ma la fotografia e il taglio delle immagini del libro ci riportano quasi alle suggestioni di un mondo possibile.

Prende la parola Michele Fasano, che si spende in complimenti al libro, sia per l’intuizione del taglio narrativo futuristico e fantascientifico (che nasconde un profondo bisogno di ottimismo), che per l’idea di far partire tutto da una tesi di laurea, che ancora una volta è metafora della speranza e dell’entusiasmo giovanile. Anche le immagini, per Fasano, sono efficaci perché più che narrative sono evocative, plastiche ed estremamente grafiche, sorta di “graffi di reperti archeologici” di qualcosa che è nel passato ma che può tornare a rivivere nel presente. Pallavicini chiede a Fasano come sia riuscito a conciliare nel film le numerose voci, anche autorevoli, che hanno circondato in un modo o nell’altro la figura di Olivetti. Per il regista-sceneggiatore la lunghezza è molto importante; riuscire a stare nelle 2 ore e 24 minuti del film per lui ha significato rinunciare a una buona parte della biografia di Olivetti. Quello che ha cercato di fare è stato ripulire la storia da tutte le superfetazioni intellettualistiche e politiche e parlare dell’ingegnere come se fosse vivo e si esprimesse sulle potenzialità della società contemporanea. Il film in sintesi parla del potere delle idee, della cultura che libera dalla schiavitù.

Pallavicini si rivolge nuovamente a Peroni, facendo un’interessante confronto con un altro libro, A cena con Gramsci, che pure nasce da un’idea teatrale, in cui uno studente si reca a Torino per fare ricerche su Gramsci per una tesi di dottorato e la quale vita si interseca con spezzoni della biografia dello storico personaggio. Pallavicini chiede allo scrittore come la teatralizzazione di uno spettacolo possa coniugarsi con la scrittura di un fumetto. Peroni ritorna quindi sull’essenza evocativa/emotiva dei suoi spettacoli, dove il contrappunto musicale dei testi tratti dalle frasi epiche di Adriano Olivetti, sono le ballate di Bob Dylan, per la visionarietà e la lirica che li accomuna. Anche Peroni torna sui concetti rivoluzionari apportati da Olivetti, come l’idea che la cultura debba essere distribuita e solidale per entrare nel processo produttivo e ricavarne profitto. Il triste epilogo del marchio ha visto il completo sgretolamento di questo modello di civiltà, ovvero la svendita dell’elettronica all’America, in seguito alla morte dell’ingegnere.

Segue un simpatico siparietto sull’assente disegnatore Riccardo Cecchetti, con il quale Peroni conferma di avere avuto non pochi problemi per via dei tempi biblici di realizzazione del volume, ma di cui apprezza moltissimo la genialità creativa e il sempre imprevedibile estro.

Due le domande dal pubblico. La prima vuole approfondire la figura femminile della protagonista, che Peroni conferma essere una ragazza di Ivrea che realmente stava lavorando su Olivetti per la tesi del diploma. È l’occasione per svelare la magia che sta dietro ad un elemento ricorrente, ovvero la clessidra che, con l’incedere del racconto, si svuota sempre più fino a scorrere al contrario nell’ultima immagine (metafora del passato che può tornare nel futuro).

La seconda curiosità del pubblico è relativa alla ribalta, negli ultimi tempi, della figura di Adriano Olivetti sulla scena sia letteraria che cinematografica. Sia Peroni che Fasano sono d’accordo nel trovarne la spiegazione nel fatto che, mai come oggi, la società contemporanea ha bisogno di rispolverare valori culturali come quelli proposti da Olivetti per uscire da questa sorta di “nuovo feudalesimo”. È necessario trovare nuovi strumenti per ristabilire le gerarchie sociali, non più basandole su rapporti di forza e schiavitù all’insegna del capitalismo finanziario, ma riequilibrando i ruoli collettivi. I modelli di comunità proposti più di mezzo secolo fa da Olivetti possono ancora oggi essere uno spiraglio di luce in questo senso e il libro Adriano Olivetti, Un secolo troppo presto anela a questa speranza.

 

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