Vittorio Giardino, tra storia e letteratura
Parlando del rapporto di Vittorio Giardino con la storia, che emerge chiaramente dai suoi lavori, il discorso parte e si sofferma molto sull’opera di documentazione che sta dietro a ogni fumetto, tanto specifico da passare anche in secondo piano per il lettore distratto. Molti gli esempi portati dall’autore con il supporto delle immagini: manifesti storici e giornali del periodo della Guerra civile spagnola che fa da sfondo alle storie di Jonas Fink, ma anche edifici storici ed eventi reali che si inseriscono nel quadro più grande della letteratura (“Usiamo una parola grossa“, dice in tal senso con un tocco d’ironia).
D’altra parte, pur riconoscendo l’importanza dell’indagine storica, sottolinea con forza come spesso sia attraverso il romanzo che certi avvenimenti si comprendono fino in fondo, anche di fronte a qualche inesattezza storica.
Risulta inoltre più semplice avere informazioni certe sul passato più remoto che sul presente o sul passato prossimo, vittime di un sistema di informazione parziale, carente e non convincente. Esempio chiarificatore in tal senso la triste vicenda di Ustica, dove la realtà ufficiale e documentata ancora non è saltata fuori pur con tutti gli indizi evidenti.
Sottolinea poi come diventi più delicato romanzare fatti storici vicini a noi, i cui protagonisti sono ancora in vita o comunque vicini. È occasione per parlare dei suoi esordi e dell’atmosfera che a Bologna si respirava nel 1977, periodo infuocato da lui vissuto però un poco ai margini, a lato, perché anagraficamente distante dagli autori che invece sono stati a loro volta protagonisti con le loro storie.
L’importante, alla fine, è l’onestà verso quello di cui si sta parlando e verso i propri personaggi, senza la quale un’opera perde anche la sua ragione d’essere e la giustificazione di fronte al proprio lettore dei soldi spesi per l’acquisto.