Sulla soglia con Vanna Vinci
In un gremito auditorium della Salaborsa Vanna Vinci, coadiuvata da Emilio Varrà pronto a guidare la discussione attraverso i punti focali della cifra stilistica e narrativa dell’autrice, ha intrattenuto con lievità e passione i tanti appassionati e gli altrettanti curiosi con fare spigliato e spontaneo.
Vengono toccati vari aspetto del suo stile di raccontare, in particolare quell’andare avanti a sussulti, passando attraverso momenti di pausa, di lentezza non pesante ma anzi profonda. Sospensioni che si avvertono anche nel segno, che emerge dal tratto e su cui gli organizzatori della mostra a lei dedicata hanno cercato di soffermarsi.
Parlando di questo suo gusto per le attese, l’autrice cita il maestro Dino Battaglia come ispiratore, ma dice anche cdi non sapere bene come lei riesca a trasmettere queste sensazioni con i suoi fumetti; ammette però che si tratta di un suo piacere, quello del non dover fare niente in particolare, del vagare senza meta per la città, uno stato mentale che si evidenzia anche nel suo modo di raccontare.
Il punto di partenza dei cinque fumetti protagonisti della mostra, da Aida al confine fino a Gatti neri cani bianchi, è però attivo, e si tratta di una partenza. Ma perché le sue protagoniste partono? La prima risposta di Vinci è una battuta: i suoi personaggi se la squagliano! Ma dietro alla battuta c’è un fondo di verità: la separazione da una situazione nota, divenuta pesante e che pure provocherà loro nostalgia, per spararsi in un mondo che non conoscono. E forse anche questa mancanza di parametri e la ragione del loro vagare anche inconcludente.
Parlando di questi nuovi mondi verso cui i personaggi si muovono si arriva a parlare delle città, protagoniste a loro volta dei fumetti di Vanna Vinci, tanto importanti che l’autrice le visita di persona prima di mettersi al lavoro sulla storia e sui disegni. Ha bisogno di conoscere l’ambientazione e si cura di rappresentarla meglio possibile, tanto che si immagina che un suo lettore possa ripercorrere le strade che trova disegnate tra le pagine delle sue opere. Ma, riconosce Vinci, si tratta di un qualcosa di non strettamente necessario, quanto di una sua ossessione che realizza con piglio quasi “tedesco”, preparandosi itinerari precisi e rigorosi.
I suoi romanzi sono pervasi da un senso del fantastico (fantasmi, esoterismo) particolare, non eclatante. In particolare i fantasmi si collegano al tema del passato, che spesso entra in maniera prorompente nella vita delle sue protagoniste.
Il passato per Vinci rappresenta d’altronde l’unico modo, non potendo indovinare il futuro, per analizzare il presente. Porta l’esempio del lavoro di documentazione per Aida, svolto su documenti lasciategli da suo nonno, dai quali sono emerse storie e particolari della vita dell’uomo sconosciuti alla sua stessa famiglia.
Altro elemento fondante dei suoi racconti sono i legami, affettivi o d’amicizia, tra i personaggi, la comunicazione tra loro, che avviene spesso a intermittenza.
Anche attraverso le domande del pubblico si passa a parlare del suo stile di disegno, della cura per la costruzione della tavola che si frammenta in tante vignette, dettagli, silenzi. Anche qui cita degli esempi importanti per lei, Crepax e Frank Miller con Ronin.
Quanto al lavoro sul colore del suo ultimo fumetto, è nato per esigenze editoriali ma ha significato oltre che una sfida un ritornare all’uso del colore dopo tanti anni. Per timore di non saper indicare bene a un colorista come eseguire il lavoro, lo ha fatto tutto da sola con gli acquerelli!
La chiusura dell’incontro è dedicata brevemente alle sue opere future: con Gatti neri cani bianchi l’autrice dichiara di aver chiuso con quanto aveva da raccontare con questi personaggi, e probabilmente nel futuro esplorerà altri protagonisti, anche anagraficamente parlando, altre generazioni.