“C’è nella vita un tempo in cui essa rallenta vistosamente”: su “L’intervista”, di Manuele Fior
Mi era già capitato, scrivendo un post su Cinquemila chilometri al secondo, di trovare un riferimento all’ispirazione di Manuele Fior in una frase di Musil. È l’inizio di “Grigia”, la prima novella di Tre donne:
“C’è nella vita un tempo in cui essa rallenta vistosamente, come se esitasse a proseguire o volesse mutare direzione.”
L’intervista, pur raccontando una storia diversissima, funziona nel medesimo modo: i due protagonisti si trovano a incrociarsi quasi per caso, e ciascuno sta vivendo proprio quel momento di rallentamento, quello in cui la vita potrebbe anche fermarsi, o forse cambierà direzione: in più, anche la società in cui vivono si trova a vivere un momento dello stesso tipo, e gli eventi personali di lei avranno conseguenze per tutti, come si scopre al momento dell’intervista, alla fine del volume, oltre un secolo dopo i fatti raccontati nelle pagine precedenti.
La crisi sembra essere vissuta anche dai colori, scomparsi come sono da una rappresentazione in bianco e nero che riesce però continuamente a dare l’idea del colore che manca, come fosse stato lavato via. Quasi sempre, il fumetto in bianco e nero è semplicemente quello che è, non ci fa sentire la mancanza del colore; il colore manca solo se per qualche motivo decidiamo che avrebbe dovuto esserci, ma di solito quel motivo non c’è. Qui invece sono le scelte illustrative stesse a farcene percepire continuamente l’assenza – tanto più che nei suoi fumetti precedenti Fior si è sempre contraddistinto per un colorismo molto accentuato, e insieme molto attento. Altrettanto attenta è qui questa carenza di colore, quasi una carenza di vita, quasi una carenza affettiva, come quella che i due protagonisti, per ragioni diversissime, cercano ambedue di colmare.
È davvero una storia d’amore quella che leggiamo in queste pagine?
Be’, certo che la è: ci sono un uomo e una donna, c’è una relazione che cresce, con molte difficoltà, si sviluppa, fa naufragio… Ma c’è anche molto altro, un futuro quasi quotidiano, degli eventi quasi alieni, una normalità messa in crisi tanto nelle vite individuali quanto in quella collettiva, sociale. Alla fine, la storia d’amore, pur restando importante, diventa la storia del nostro futuro – non del tutto comprensibile, certo: come potremmo pretendere di comprendere davvero il nostro futuro?
Un uomo di fine Settecento potrebbe davvero comprendere il nostro presente solo attraverso un romanzo?
Fior ci sconvolge, ci inquieta. Usa un tratto grafico dall’apparenza semplice, dall’apparenza realista, in realtà facilmente virabile verso una leggera ironica caricatura. Così che tutto è appena sopra le righe; e forse questo è necessario, tanto sottili sono i sentimenti che la sua storia racconta. Se così non fosse questi sentimenti si potrebbero perdere, potrebbero passare inosservati; e il racconto diventerebbe un racconto minimalista, con le sue (spesso insopportabili) immobilità, che dovrebbero costringerci a riempire noi i vuoti, a capire noi quello che succede e che la storia non racconta. E invece il disegno di Fior racconta, con gentile ironia, enfatizzando appena un poco, facendosi perdonare con leggerezza un pelo di leziosità, di didascalicità. È un prezzo molto piccolo da pagare, per un risultato memorabile.
Al festival
L’INTERVISTA.
STORIA DI UN FUMETTO
Come nasce un fumetto? Qual è il processo creativo che porta dalla prima idea alla graphic novel completa? Quanto tempo passa dal primo appunto all’opera finita? Di quali ispirazioni si nutre l’atto artistico di un fumettista, e quali digerisce senza che apparentemente trovino sbocco sulla pagina?
Per dare una risposta a queste domande – risposta che non può comunque far altro che rimanere sempre personalissima e unica, legata a filo strettissimo con la singola esperienza dell’autore – questa mostra ci apre le porte dello studio di Manuele Fior.
La mostra ricostruisce gli stimoli di cui si è nutrita l’immaginazione dell’autore durante la lavorazione, registrando le citazioni cinematografiche, fotografiche, architettoniche, letterarie e fumettistiche di cui è intessuta L’intervista e riportandole allo sguardo dello spettatore.
Contemporaneamente, in mostra sono esposti gli originali dell’opera, in modo che lo spettatore possa farsi un’idea dei passaggi metodologici e di natura tecnica che hanno portato dalla prima idea alla successione di tavole finite, ricostruendo il metodo di lavoro dell’artista, osservando gli appunti a bordo tavola e confrontando i materiali di lavorazione scartati con il risultato finale.